Intervista a Francesco Cavestri

0
45

In “DISTACCATI”, Francesco Cavestri offre un’esperienza multisensoriale che abbraccia tanto l’aspetto musicale quanto una profonda riflessione filosofica sul significato dell’arte e della vita. Il brano, una suite di suoni elettronici, si basa su un monologo tratto dalla celebre opera di Federico Fellini, “La Dolce Vita”, celebrata quest’anno in occasione del trentennale della scomparsa del grande regista italiano.

In questa intervista, esploreremo il processo creativo di Francesco Cavestri, la sua visione sull’incontro tra musica e cinema e l’importanza di abbracciare il distacco nell’arte e nella vita quotidiana.

Cosa ti ha ispirato a creare “Distaccati” e come è nata l’idea di incorporare un monologo da “La Dolce Vita” di Fellini nel brano?
L’idea ovviamente è derivata dall’effetto direi quasi onnipervasivo che il film ha avuto su di me. L’ho visto durante un periodo di recupero da un infortunio sportivo, quasi come se avesse dato un senso a quella pausa forzata. Il monologo di Steiner, che ho scelto di campionare e intorno a cui ho costruito il brano, mi ha affascinato e colpito fin dalla prima volta che l’ho ascoltato. La musica è nata sull’onda emozionale provata dopo la visione del film, e sembrava quasi come se il monologo fosse stato cucito idealmente intorno ai suoni che avevo scelto (la ripetizione della parola “Distaccati” risulta perfettamente a tempo con la musica).

“La Dolce Vita” di Fellini è un film che ha influenzato molti artisti. Come ha influito sulla tua visione artistica?
Il tratto che mi ha colpito di più del film, oltre ovviamente al fascino rappresentato dalla mondanità romana dipinta da Fellini, è il dilemma introspettivo del protagonista, giornalista e dunque artista della parola, che si trova costantemente in bilico tra il proseguire in un’attività che in fondo non lo rappresenta ma che gli permette di vivere (quella del cronista mondano) e lo slancio emotivo di colui che vorrebbe proiettarsi in una dimensione più intellettuale, aurorale, come scrittore saggista. Fellini affronta con estrema sensibilità un tema che è molto caro a tutti gli artisti, ovvero l’individuazione di quel filo sottile che separa, e talvolta congiunge, l’espressione di un’arte che sia massimamente fedele all’artista stesso e l’inevitabile desiderio di affermazione che lo porta a ricercare un’approvazione esterna tramite la propria opera. Per rispondere alla domanda, mi pare che “La Dolce Vita” mi abbia permesso di focalizzare ulteriormente l’essenza vera, a mio modo di vedere, dell’arte, ovvero l’equilibrio dei due impulsi citati qua sopra: la sincerità verso me stesso come artista e un grado di immediatezza tale da suscitare consenso nell’opera.

Il titolo del brano suggerisce una concezione di vita “distaccata”. Puoi spiegarci cosa intendi con questo termine e come si riflette nel brano?
L’idea che si cela dietro questo termine, nel contesto in cui rientra e in cui l’ho adoperato, è perfettamente esplicata dal monologo stesso: “bisognerebbe vivere fuori dalle passioni, oltre i sentimenti, nell’armonia che c’è nell’opera d’arte riuscita… in quell’ordine incantato”. Il “distacco” è dunque inteso come un passaggio necessario per la conoscenza di ciò che ci circonda, ma soprattutto di noi stessi. È solo tramite l’astrazione dalla realtà che riusciamo a coglierla nelle sue sfumature più essenziali. Questo pensiero io lo trasferisco nella mia musica rispetto alla concezione che ho del jazz, e quindi del modo in cui interpreto questo genere: essendo il jazz il genere ibrido per eccellenza (Herbie Hancock dice “il jazz è il genere che più ha prestato sé stesso ad altri generi e che più ha preso in prestito da altri generi”), per poterlo interpretare al meglio è necessario “distaccarsi” da esso e osservare ciò che accade intorno, allargando la prospettiva a 360^ gradi e inserendo all’interno della propria pratica jazzistica riferimenti e influenze appartenenti ad altri generi musicali. Questo è ciò che è sempre avvenuto: il jazz ha prende ciò che è in voga nel periodo e lo rende proprio tramite la reinterpretazione e l’improvvisazione. Basti pensare a grandi canzoni come “My Favorite Things” o “All the Things You Are”, ovvero brani originariamente di Broadway che sono diventati standard jazz. Quindi, fin dal mio primo album “Early 17”, uscito a marzo 2022, mi sono chiesto: qual è la musica del presente da cui il jazz può muovere per creare la musica del futuro? Ho scelto due generi come l’hip hop e l’elettronica, e ne ho analizzato i rapporti con il jazz. Ecco perché “IKI – Bellezza Ispiratrice, ovvero il mio ultimo album uscito il 19 gennaio, mi piace definirlo come un progetto che in sole sei tracce sfiora e accarezza 4-5 sottogeneri diversi, con il jazz a fungere da fulcro creativo di questa esplorazione.

Il brano presenta una suite di suoni elettronici. Come hai scelto questi suoni per accompagnare il monologo e trasmettere le emozioni desiderate?
La bellezza struggente e l’eloquenza del monologo mi hanno portato a mantenere una sorta di minimalismo sonoro in apertura di brano, che poi si evolve arricchendosi (con l’ingresso delle percussioni, del basso e, in un secondo momento, delle frasi suonate dal synth) nel momento in cui il parlato si conclude.

Infine, come pensi che musica e cinema possano incontrarsi e rinforzarsi reciprocamente, come avviene in “Distaccati”?
La strada più efficace è senz’altro quella del commento musicale, più comunemente detto “colonna sonora”. Ci sono artisti che hanno fatto scuola nel rapporto tra musica e immagine: da Ennio Morricone a Ryuichi Sakamoto, da Philip Glass a Nino Rota. Io, oltre che un grande appassionato di cinema, sono un grande appassionato anche dei compositori citati qua sopra, che hanno fatto della musica per il cinema una parte sostanziale della loro carriera. Per questo è stato un grande onore per me pubblicare a febbraio un album che raccoglie la prima colonna sonora che ho registrato, grazie all’invito del giornalista e regista Filippo Vendemmiati che mi ha chiesto di scrivere il commento musicale di un Podcast, ideato e diretto da lui, prodotto da Rai Play Sound.