Mi si passi questa locuzione di rock antico. Intendo ovviamente quel rock massiccio di suoni e distorsioni che però resta compatto, scuro, intimo se possiamo azzardare l’ossimoro. Rock che cerca progressioni sghembe, quasi progressive, dettagli di arredo che molto devono al metal e a quel fare epico della voce. E impazzisco di gusto nel sorprendermi quando ascolto forme che sono anche devote al santo pop. Gli stilemi ci sono tutti e non disdegnano neanche i contorni buoni del mondo digitale, della sua pulizia e del suo cadere sempre a tempo. Tutto quel che sentiamo dentro questo disco vien fuori dalle mani di Francesco Quinto e Alessandro Tacchini, per noi i Soundelirio. Si intitola “Mostralgia” dentro cui si dipana un concetto di emarginazione sociale nei confronti della personalità e dell’unicità. E noi indaghiamo anche perché, non sentivamo dischi così “antichi” di carattere e di personalità, da molto, moltissimo tempo…

 

 

Inevitabile pensare ai dischi di oggi come lavori nati sotto le restrizioni della pandemia. Come nasce tecnicamente “Mostralgia”?

Il cuore, in realtà, era già stato settato su parametri rock. Le idee erano già in lavorazione, prima della pandemia. Con il lockdown, ci siamo dovuti arrangiare. Tornare agli appunti volanti su una moleskine, screenshots, file audio mandati attraverso whatsapp…ma è stato divertente e, in un certo senso, poetico. Ci siamo tenuti in contatto con la musica. Lo straniamento ha messo ancora più a fuoco il concetto che ci stava a cuore. Quando tutto fuori è silenzio, l’anima si riesce a percepire meglio…

 

Il mondo digitale quanto ha permesso tutto? E quanto ha condizionato proprio l’evoluzione tecnica e artistica del progetto?

Il demo di “Mostralgia” è stato interamente realizzato in una stanzetta, con mezzi totalmente analogici. Niente computer. Ogni strumento è stato suonato dal vivo, anche in quella fase. In studio, i mezzi attuali ci sono venuti incontro ma prevalentemente nella fase della post-produzione. Offrendoci spesso alternative da valutare. Ma non ci siamo spostati molto dalla posizione iniziale. Tutto suonato da mani umane.

 

Ricerca e suono: raccontateci come nasce il suono dei Soundelirio…

Non siamo smanettoni. Un po’ per natura, un po’ per (confessata) incompetenza. Non ci piacciono filtri. Per le chitarre elettriche, ad esempio, abbiamo utilizzato solo la distorsione valvolare dell’amp ed un po’ di compressione. La nostra tensione alla ricerca del sound è orientata a trovare un approccio slegato alla moda del momento. Un sound senza tempo. E, crediamo, la chiave sia nel “nude look”. Nel concetto che l’arte è più togliere che mettere. E se un pezzo emoziona così, nudo, significa che ci abbiamo preso. Eh, sì, è un sogno…il nostro sogno in rock.

 

E restando nel tema suono, ho trovato molti punti di contatto con la scena mainstream americana. È soltanto una mia impressione?

In quel genere siamo nati e cresciuti. Cerchiamo e troviamo lì il nostro brodo primordiale di suggestioni. Anche se, nell’aria, ci sarà presto un lavoro acustico…

 

A tutto questo si legano liriche che un poco mi riportano all’evanescenza del prog italiano degli anni ’70. Sbaglio?

Il prog italiano è la parte della nostra musica di cui andiamo più fieri. Non potevi farci un complimento più bello. Lì troviamo la genialità. Magari essere un centesimo di uno di quegli storici gruppi! Moriremmo felici.