MARTIN TAXT | Second Room

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MARTIN TAXT
Second Room
Sofa music SOFA 588
2022

Nella breve serialità del compositore Martin Taxt presso Sofa, il secondo e nuovo album “Second Room” torna a speculare su possibili relazioni tra musica ed architettura, focalizzando in termini molto specifici su certe teorie abitative dell’architetto Sou Fujimoto e, principiando coi titoli, l’introduttivo  Cave vs Nest ne trova già diretti riferimenti concettuali: “un confronto tra il nido e la grotta, come due modi di vivere concetti fondamentalmente diversi; mentre il nido rappresenta la sicurezza, la conformità e la prevedibilità, uno spazio pensato per le persone, la grotta dall’altra parte rappresenta l’ignoto, uno spazio di forma naturale, non progettato per lo scopo dell’abitare”.

La controparte in musica si configura mercé un impianto intensamente vibratorio molto affine, per connotazioni timbriche anzi esperienziali, ai climi meditativi ed introiettanti molto caratteristicamente estremo-orientali, di cui nell’essenza riprende linearità e profonda dimensione del respiro, entro un impianto di originale colorismo.

Lungo le medie estensioni delle quattro misure il clima si espone coerente, adottando vibrazioni più metallescenti così come adottando il respiro lungo degli strumenti impiegati, posti al servizio di un sound-design dilatato ed evocativo, palesando coerenza d’ispirazione rispetto ai differenziati e pur suggestivi titoli della concentrata tracklist.

ph Leikny Havik Skjærseth

Nel già descritto Cave vs Nest il bordone costituito dalle pachidermiche tube, dal cavernoso contrabbasso, dai risonanti tanpura (in realtà sintetici), da un rumorismo quasi temporalesco e da accordi organistici via via più serrati funge da intro alla strutturazione del brano, affidato agli strumenti iperbassi le cui linee distinte ed iperlente procedono in dissonanza e battimento. Conformazione all’incirca analoga per il successivo Swelling Forms of Domes, il cui esotismo orientalista è conferito dai campanelli iniziali e più avanti dalla squillante declamazione delle tube, non poco affini a corni d’altura himalayana.

In apparenza più energico, Paving Seen From Above deve il maggior corpo sonoro a più serrati interventi delle elettroniche. L’epilogo perviene col titolo negativista Disruption, Disjunction, Deconstruction, espresso nella dimensione poco concessiva di accordi lineari introiettivi e da meditazione abbacinante e profonda.

In termini di performance, il titolare torna ad imbracciare la tuba microtonale arruolando il sodale ed omologo Peder Simonsen (così schierando due terzi del peculiare trio Microtub) e richiamando l’inventiva contrabbassista Inga Margrete Aas (ovvero la Inga dell’abitualmente inseparabile duo Vilde&Inga – già contributiva al precedente album “First Room”), completando la formazione a cinque con diversi e caratteristici esponenti del locale vivaio, che nel corso della performance modellano le identità di certi loro strumenti ponendole al servizio di una collettiva e politimbrica trasfigurazione.

Come da generica impostazione ‘ambient’ (di cui i presenti materiali fungono da espressione fortemente tematizzata) la sequenza procede, imitativa a sé medesima, su linee espositive quasi a-melodiche a strutturazione scabra e finemente erratica; l’esposizione di primo acchito sfingea ed ineffabile invita all’attiva partecipazione dell’ascoltatore nell’addentrarsi nelle stratificazioni sottili del respiro arcano e della portata misterica delle tessiture corali.

Oziosa quanto restrittiva la questione se tra i putativi ispiratori dell’operazione si possano collocare certi apri-pista dell’ambient (in formula minimal-pop) – e per una volta ometteremo i nomi più a portata di mano – già meno immediati alcuni tra i “grandi padri” del Minimalismo per antonomasia (e potremmo magari scomodare certe fasi di Popol Vuh o l’originale mondo di uno Stephan Micus, almeno per certe scelte timbriche), ma le soluzioni qui permangono comunque fortemente personalizzate.

Musica “da non consumare” (citando certi aforismi critici d’antan) – né per la rilevata natura si potrebbe – codesta imbastita e proposta da Taxt & C., di cui azzardiamo almeno l’intento del distogliere l’attenzione dall’ineluttabile inquinamento quotidiano (anzi perenne), dunque entro una formula della (ri)educazione dell’orecchio e di una partecipativa neo-ecologia dell’ascolto.

 

Musicisti:

Martin Taxt, tuba microtonale, campanelli, composizione
Rolf Erik Nystrøm, sax alto, campanelli
Laura Marie Rueslåtten, organo, campanelli
Inga Margrete Aas, double bass, campanelli
Peder Simonsen, tuba microtonale, campanelli, modular synth

Tracklist:

01. Cave vs Nest 11:27
02. Swelling Forms of Domes 10:24
03. Paving Seen From Above 10:55
04. Disruption, Disjunction, Deconstruction 11:44

Link:

Martin Taxt

Sofa Music