Un atto di coraggio, un manifesto di se stessi, un viaggio introspettivo umanamente e spiritualmente profondo narrato in note, descritto con trasporto interpretativo e sincerità comunicativa. Laura Sciocchetti, audace cantante e compositrice, si racconta attraverso “Characters”, il suo album d’esordio da bandleader pubblicato il 23 ottobre dall’etichetta discografica Filibusta Records, anticipato dal singolo “Emily” uscito il 9 ottobre.

 

Dopo aver collaborato in alcune produzioni discografiche, ecco il tuo primo album da leader intitolato “Characters”, licenziato dalla Filibusta Records. La realizzazione di questo disco è frutto di una crescita artistica oltre che di una maggiore consapevolezza delle tue qualità?

Indubbiamente scrivere e pubblicare un album a proprio nome è un atto di coraggio che ci mette in discussione dal punto di vista artistico e umano, e ci espone all’eterogeno popolo degli ascoltatori di musica formato da fruitori occasionali, appassionati ed esperti del settore. Nelle precedenti esperienze in sala di registrazione (“Moresche e altre invenzioni” con Maria Pia De Vito e “Silenzi luterani” con Paolo Damiani) ho fatto parte di ensemble vocali più o meno numerosi. Sono stati due momenti fondamentali, ma comunque vissuti in una condizione di “protezione” sotto l’aspetto solistico. Il primo disco è una sorta di manifesto di se stessi, della musica ascoltata fino a quel momento, delle idee che abbiamo coltivato, (ri)elaborato, su cui abbiamo letto ed elucubrato, delle intuizioni nate occasionalmente suonando con gli altri, oltre che del frutto di anni di studio e dedizione completa e appassionata alla causa.

Quali sono i tratti distintivi di “Characters”?

Ho scritto la musica per “Characters” immaginando ogni brano come la scena di una commedia, i cui personaggi sono rappresentati in un momento cruciale della loro esistenza. Ciò ha comportato una spiccata diversificazione, compositiva e di suono, per ciascuna delle tracce. Per i suoni, oltre all’utilizzo di un processore di effetti per la voce (che mi ha consentito di ampliare la gamma di sfumature vocali), ho potuto contare sulla raffinatezza espressiva e sulla creatività dei musicisti con i quali ho collaborato (ad esempio, attraverso l’utilizzo dei synth), oltre che sulla straordinaria competenza del fonico Enrico Furzi. Invece, per quanto riguarda segnatamente l’aspetto compositivo, è stata mia premura concentrare lo sforzo creativo in qualcosa che risultasse nuovo, fresco, in primis alle mie orecchie.

Sette le tue composizioni originali nel CD, mentre “Ugly beauty” (Thelonious Monk-Mike Ferro) e “The circle game” (Joni Mitchell) completano la tracklist. Dal punto di vista tecnico e interpretativo, perché hai scelto questi due brani?

Ho voluto fortemente inserire in “Characters” questi due brani, distanti per stile ma vicini alla mia storia musicale: “Ugly beauty”, raffinata e struggente composizione di Thelonious Monk contenuta nel disco “Underground” del 1968, il cui testo (di Mike Ferro, ndr) narra l’illusione di continuare a sognare anche quando tutto sembra perduto, e “The circle game” di Joni Mitchell che ha accompagnato la mia adolescenza musicale. In questo brano squisitamente folk, tratto dall’album “Ladies of the canyon” del 1970, la cantautrice canadese racconta l’evoluzione di un bambino che diventa adulto, completando i suoi giri intorno alla giostra della vita, ancorato alle certezze del passato e proiettato con serena arrendevolezza nel futuro. I brani, quindi, oltre a essere significativi nel mio percorso di formazione artistica, rientrano perfettamente nel fil rouge che collega le tracce del disco, permettendomi di esprimere varie sfumature della mia vocalità, visto e considerato che nel tempo ho amato e interpretato repertori tratti da stilemi musicali assai distanti fra loro.

Spesso e volentieri, nella scelta dei musicisti, soprattutto per un progetto discografico, ci si affida a veri e propri compagni di viaggio con i quali si crea una simbiosi, un’empatia umana prima che artistica. Dunque, hai deciso di registrare il tuo album insieme a Lewis Saccocci, Giuseppe Romagnoli e Valerio Vantaggio, nonché di avvalerti della collaborazione di Chiara Viola (autrice del testo di “Medo”) e Chiara Morucci (autrice del testo di “The witch”) anche per il tuo intenso legame umano costruito insieme a loro?

Mi piace pensare a “Characters” come un disco corale al quale hanno collaborato i personaggi (reali o immaginari) che mi hanno ispirato, ma anche i musicisti che hanno contribuito alla realizzazione. Una collaborazione intesa come scambio di opinioni, idee, sentimenti, sensazioni, ascolti, limiti ed emozioni sul palco e nella vita. Credo che ciascuna delle persone nominate abbia lasciato un segno affettivo nel mio percorso musicale e umano. Con Lewis, Giuseppe e Valerio ho avuto la fortuna di condividere non solo i palchi, ma anche dei sani momenti di goliardia che, come noto, arricchiscono e rendono più coesi e sinceri i rapporti. Per quanto concerne le mie colleghe cantanti, musiciste e compositrici, ossia Chiara Viola e Chiara Morucci, posso dire che nutro per loro un affetto che definirei sororale, basato su qualcosa di impalpabile come la condivisione di un sogno, oltre ovviamente a una considerevole stima artistica.

Lewis Saccocci, oltre al pianoforte, suona il Fender Rhodes e i synth, come da te accennato prima. Il piano elettrico e i sintetizzatori caratterizzano in modo particolare il sound del disco?

Lewis è il deus ex machina dell’album. Le atmosfere oniriche, talvolta acide, le sfumature timbriche e l’impressionismo sonoro che ha architettato attraverso la creazione dei suoni presenti in brani come “Images”, “Glimpse”, “Four in the morning” o “Felix”, scaturiscono dalla sua strepitosa sensibilità musicale, dalla sua inesauribile estrosità, da una costante ricerca, dalla dedizione e dalle energie che ha investito in questo cammino, in un continuo rapporto di collaborazione e scambio con la sottoscritta. Il Fender Rhodes e i synth mi hanno consentito di ampliare enormemente le possibilità espressive e le potenzialità narrative dei brani (come accennavo prima), contribuendo a descrivere il carattere dei personaggi protagonisti delle composizioni. Ciò nulla toglie al ruolo fondamentale del pianoforte, per il quale ho immaginato e composto l’altra metà dei brani del CD, vale a dire “Emily”, “Medo” e “The witch”.

Visto e considerato il dramma che stiamo vivendo a causa del Covid-19, per cui ora non è consentito organizzare concerti, stai pensando a una maniera alternativa di promuovere “Characters”?

Sebbene io non sia un’ottimista di natura, posso affermare senza ombra di dubbio che questo disco ha visto la luce in un contesto che ha superato di gran lunga anche la più tetra e fervida delle immaginazioni. Di certo non ho creduto di raggiungere la popolarità con il mio primo album da leader, in primis perché i brani che ho composto non seguono una corrente mainstream. Ma ne ero consapevole fin dall’inizio, quindi anche per questo ho scelto serenamente di cantare tutto in inglese, la lingua attraverso la quale sento di riuscire a esprimermi appieno musicalmente. Di questi tempi, molti artisti internazionali ma anche italiani, si stanno attrezzando con iniziative ufficiali o autonome per i concerti online. Non è un di più, bensì l’unico veicolo che resta per continuare a comunicare. Questa potrebbe essere una proposta valida, anche se onestamente mi auguro, quanto prima, di potermi (ri)trovare su un palco a cantare, suonare e sudare insieme ad altri musicisti, lasciandoci contagiare, questa volta, dal potere taumaturgico della condivisione e della sacralità della musica.