INGRID LAUBROCK | Dreamt Twice, Twice Dreamt





Che la materia onirica potesse fungere da ispirazione per materiale musicale, o quant’altra forma rappresentativa, non è certamente una sorpresa a priori, potendo a volte considerarla quale matrice dichiarata, come in tempi recenti è accaduto per due autori molto distanti, tali il Fred Hersch della suite “My Coma Dreams” o il John Tavener dell’esoterico “Last Sleep of the Virgin” (entrambi reduci da stati comatosi).

La questione è addirittura più complessa e suggestiva per la talentuosa ed eclettica Ingrid Laubrock, già usa da decenni ad esporre i propri sogni ad amici e conoscenti (probabilmente non sempre interessati), ed indotta dalla collega Mary Halvorson a redigerne una cronaca in forma di diario; vi era stata inoltre una più remota esperienza medianica, in cui uno spirito evocato avrebbe fornito materiali per musiche, nonché il suggerimento di utilizzare proprio lo stato sognante quale fonte creativa.

Ho avvertito come liberatorio l’utilizzare i sogni come veicolo, in quanto mi hanno liberato da ogni vincolo di forma convenzionale; variazioni improvvise e lacerazioni nella trama sono elementi del tutto normali nei sogni, così come l’oscurità emotiva e la violenza – e tutto ciò è ottima sostanza per un compositore” secondo le note di Laubrock.

 

Due anni di preparatorio lavoro per la presente, duplice fissazione discografica ad esemplificare non solo le peculiari matrici, ma soprattutto l’ormai definita “doppia anima” di Ingrid Laubrock, sassofonista ed improvvisatrice nonché autrice orchestrale; se la prima e combinata veste è stata ormai estensivamente sancita entro innumerevoli performance e decine di prove discografiche, a propria firma ed in disparate combinazioni d’ensemble, la seconda è stata convincentemente sancita nel recente ed acclamato “Contemporary Chaos Practice”, bipartito saggio post-jazz, aprendo un continuum di cui il presente può fungere da suggello ulteriore.

Il “doppiamente sognato” (e musicato) materiale viene esposto in duplice soluzione, affidando le tracce del primo disco alla (semi-)disciplina orchestrale della EOS Chamber Orchestra, contando una ventina di elementi più alcuni solisti funzionali ad un combo jazz : i cinque passaggi di Dreamt Twice si articolano per soluzioni di flottante fisionomia e diffusa inquietudine, di fatto svincolate (come da premesse) da richiami a linearità e concretezza.

Egualmente pentapartita, la sequenza del complementare Twice Dreamt è invece affidata ad una ristretta terna strumentale comprendente tastiere acustiche ed elettroniche, ed i sax della medesima Laubrock, implementati dall’arpa elettrica, dal violino e dall’accordion. Si ritrovano i medesimi titoli dell’altro disco, ma con differente successione e trattamento e, con più incisiva vigoria e materica movimentazione di segni ed umori, la controparte in small-ensemble si giova di più spiccato senso drammatico e maggior immediatezza nell’investimento energetico, in una differente interpretazione degli stati onirici, nelle loro implicazioni anche più disturbanti e da pabulum di elaborazione traumatica, palesemente segnata dai piani di scrittura ma affidata in termini cruciali alle capacità di “astrazione” richieste ai solisti.

 

 

Quest’ultima dimensione drammaturgica appare più in tema con le riflessioni dell’Autrice circa un contemporaneo, generale ed ansiogeno scenario (non esclusivo degli USA) in cui la crisi climatica planetaria, le proteste per le discriminazioni razziali, e le minacce alla democrazia da parte di energumeni politici fanno da contorno alle incombenze della pandemia, che ha cancellato il lavoro di molti musicisti, ed il cui lockdown ha segnato le sessioni di missaggio, effettuate in simultanea tra New York e San Francisco, e definite “impegnative eppure fantastiche: tutto si svolgeva in remoto, e insieme in tempo reale, separati ma “tutti nella stessa stanza” ad ascoltare esattamente il medesimo suono”.

Nel corrente e piagato anno, che ha registrato importanti uscite di Anthony Braxton o Roscoe Mitchell, oltre ad una inedita ri-edizione di Muhal Richard Abrams, alle pubblicazioni dei “grandi vecchi” della New Thing, i giovani (ma non debuttanti) esponenti del filone possono opporre cimenti di non velleitaria ambizione, e tra questi ci sentiamo di  considerare l’operato della musicista tedesca ormai stabilmente di casa entro il milieu free di New York un affresco partecipativo, e testimonianza di reazione in concreto alle diffuse ansietà e fragilità del presente.

 

Musicisti:

CD 1: Dreamt Twice
EOS Chamber Orchestra con:
Sam Pluta: elettroniche
Cory Smythe: pianoforte, tastiere a quarti di tono
Robert Lanfermann : contrabbasso
Tom Rainey: batteria
Ingrid Laubrock: sax tenore e soprano
Susanne Blumenthal: direzione

CD 2: Twice Dreamt
Ingrid Laubrock Small Ensemble:
Ingrid Laubrock: sax tenore e soprano
Cory Smythe: pianoforte, tastiere a quarti di tono
Sam Pluta: elettroniche
Zeena Parkins : arpa elettrica
Adam Matlock: accordion
Josh Modney: violin

 

Traklist:

CD 1
01. Dreamt Twice 9:58
02. Snorkel Cows 13:19
03. Drilling 18:38
04. I Never Liked That Guy 11:11
05. Down the Mountain, Down the Mountain 7:42

CD 2
01. Snorkel Cows 12:13
02. Drilling 15:53
03. I Never Liked That Guy 10:22
04. Down the Mountain, Down the Mountain 7:22
05. Twice Dreamt 8:35

 

Link:

Ingrid Laubrock

Intakt Records