Un lungo viaggio dentro la musica di Miles Davis. Giocando con le parole innanzitutto diamo una bella chiave di lettura al titolo di questo nuovo disco dei Carovana Tabù: “Miles to Go”, come a dire anche che c’è tanta strada da fare… e se in primo piano (o quasi) appare l’allegoria della macchina di Davis, nel suono gli 8 giovani musicisti imprimono la loro personalissima visione della grande letteratura jazz e avanguardista del trombettista americano. A corredo di questo lungo viaggio troviamo la tromba di Fabrizio Bosso e a chiudere una suite di tre composizioni inedite che i Carovana Tabù scrivono di proprio pugno pensando ai dipinti di Davis… proprio così, perché non c’era soltanto il jazz!!!

 

 

Mettiamo l’accento sulla produzione. Ci sembra un suono assai moderno e ben definito… una ricerca precisa?
Siamo felici di questo! Agli esordi del progetto, “Miles To Go” fu un intenso lavoro sulla ricerca di un sound che fosse riconducibile alle orme di Miles Davis, ma che lasciasse trasparire anche molto di ciò che noi siamo; una ricerca quindi fatta di dettagli sonori e melodici che andasse a caratterizzare l’intero lavoro che è stato poi il disco, il tutto confezionato e “vestito” al meglio da Stefano Del Vecchio, al Load Studio di Roma.

Avete in qualche modo ricercato anche il suono di Davis?

La scia stilistica e sonora di Miles è, all’interno del disco, un tutt’uno con i tratti melodici e timbrici da noi scelti; inoltre è stato fatto un lavoro di fine ricerca sulle sue scelte espressive, come nel caso di So What, il brano che apre il disco, dove lo storico solo eseguito originalmente da Davis è stato poi armonizzato per l’intera sezione fiati dal nostro pianista ed arrangiatore Stefano Proietti, ed inserito in un contesto musicale nuovo ma che fosse fedele all’operato del suo autore originario.

Con Fabrizio Bosso invece che lavoro è stato fatto in tal senso? E visto l’argomento penso sia lui l’attore principale…

Fabrizio è riuscito al meglio nel compito di riprendere le orme di una figura così caratterizzante e singolare come Miles Davis e portarla a noi per guidarci lungo i brani di questo disco; non a caso “Miles To Go”. Da subito durante le prove, e poi in fase di registrazione, ha saputo trovare il carattere giusto per inserire la propria personalità all’interno di questo contesto, cosa non semplice visto il laborioso insieme di stili musicali e background sonori di cui è fatto questo album.

E nei Carovana Tabù la sezione fiati – per così dire – come viene gestita in genere? C’è, ci sarà o non è mai richiesta?

I Carovana Tabù sono una small band a tutti gli effetti: sezione ritmica e quartetto di fiati.

Di fatto, però, abbiamo sempre cercato la visione di un gruppo dove ognuno dei componenti fosse a sé ed unico nel suo genere, per questo eguale agli altri; la nostra intenzione è quella di fare in modo che le due strutture, quelle della ritmica e dei fiati, lavorino finemente per risultare un’unica sezione organica, dove il suono si fonde al punto da risultare un tutt’uno, crediamo sia questo il nostro punto di forza ed è ciò che ci aiuta a cercare al meglio una nostra più personale sonorità di gruppo.

Da un lato più pratico e strutturale risulta comunque importante uno studio ricercato a sezioni separate, ma con il fine di ricongiungersi agli altri per cercare un’unica identità fra otto persone e musicisti totalmente diversi.

Domanda che sentii fare tempo fa ad una conferenza stampa: per voi jazz modale o meno?

Ci è capitato di dover necessariamente scegliere o nominare un determinato stile musicale che andasse ad identificare il nostro; il jazz modale (così come quello tonale), come il pop, il funk ed il soul, ecco per noi sono tutti ingredienti da fondere accuratamente, nel tentativo di trovare nuove possibilità sonore con cui esprimerci, inoltre grazie alle diverse esperienze che ognuno di noi porta con sé dal proprio portfolio di studi ci piace pensare di poter mescolare e giocare con tutti questi elementi, per sperimentare e percorrere un percorso nuovo.

Ciò che conta è il fatto musicale, fatto di intensità qualitativa e di dialoghi profondi tra strumenti, sapientemente interconnessi ed organizzati.