HAIRY BONES | Snakelust (To Kenji Nakagami)

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Hairy Bones
Snakelust (To Kenji Nakagami)
Clean Feed Records
2012

Tanti i dischi da cui hanno preso nome o avvio i progetti piu’ provocatori che hanno avuto come protagonista e mattatore principale Peter Bròtzmann. Cosi’ se storici e rivoluzionari restano i quartetti Last Exit (con Bill Laswell, Ronald Shannon Jackson e Sonny Sharrock) e Die Like A Dog (con Toshinori Kondo, William Parker e Hamid Drake), da questo momento in poi bisognera’ tenere in massimo conto anche gli Hairy Bones, apparsi sul mercato nel 2009 con l’omonimo album di debutto targato Okka Disk e giunti con il nuovissino Snakelust al terzo capitolo della loro splendida avventura (come ulteriore compendio c’e’, infatti, l’autoprodotto At Fresnes, smerciato in edizione limitata durante i concerti del tour 2010).


 



Accanto al leader, questa nuova associazione a delinquere vede della partita il trombettista nipponico Toshinori Kondo, il bassista italiano Massimo Pupillo e il batterista svedese Paal Nilssen-Love, a livello internazionale gia’ tutti beniamini degli appassionati di vecchia e nuova generazione della scena impro-avant sperimentale. Il format e la peculiare componente elettrico-elettronica del progetto Hairy Bones costituiscono, senza dubbio, un aggiornamento e un ponte estetico tra le esperienze dei Last Exit e quelle dei Die Like A Dog, laddove la linea di continuita’ con (quell’agitato) passato e’ qui rappresentata dalle figure di Bròtzmann e Kondo.


 



Dedicata allo scrittore Kenji Nakagami (l’Hemingway o il Faulkner della letteratura giapponese) e recante il medesimo titolo di una delle sue prime opere tradotte in inglese per il pubblico estero (in lingua originale “Jain”, una raccolta di sette brevi racconti pubblicata nel 1972), Snakelust documenta in cinquantatre minuti la performance integrale della band offerta nella scorsa edizione del “Festival em Agosto” di Lisbona. Prescindendo dal fatto che la musica di Bròtzmann non rappresenta piu’ una sorpresa e uno shock come una trentina d’anni fa, restano comunque intatte l’energia e l’anarchia compresse nel suo free facinoroso e irriverente, strettamente influenzato dalla lezione di Albert Ayler, Ornette Coleman, Borbetomagus e Archie Shepp come pure dalle piu’ intransigenti correnti punk e noise rock. Nei suoi album i cambiamenti sono minimi e a volte nulli ma come per miracolo il fascino e l’attrattiva per tali ammassi di cacofonia pneumatica e scelleratezze ritmico-armoniche (figlie indubbie del thrash e dell’hardcore) avvincono e sbalordiscono.


 



Molte le tempeste e gli uragani sonici disseminati nel lungo brano, sebbene arie di bonaccia (necessarie, se non altro, per riprendere fiato e rilassare i muscoli) soffino in un breve tratto della parte finale. L’epilogo e’ tuttavia incontenibile e terrificante, un “Wall of Sound” informe di dieci minuti circa in cui volumi e ritmi raggiungono il massimo della saturazione e del parossismo. Dentro un vortice che inghiotte e trita ogni convenzione d’armonia e melodia, l’ascoltatore riesce comunque a distinguere tre distinti piani di movimento sovrapposti: le urla lancinanti, roche e rabbiose delle ance di Bròtzmann, il motivo piu’ dilatato e lento disegnato dalla tromba elettrificata e dagli effetti elettronici di Kondo (che tuttavia si lascia anche andare a scorribande selvagge sulle note estese) e la forza tellurica ed ipercinetica prodotta da Pupillo e Nilssen-Love. A settantun anni “suonati” questo nonno tedesco sembra piu’ tonico, illuminato e provocatorio di tanti suoi piu’ giovani colleghi e Snakelust potrebbe certamente diventare il caposaldo di una terza rinascita e verginita’ artistica a capo di un progetto, quello degli Hairy Bones, qui immortalato al culmine della sua piu’ efferata e violenta maturita’ espressiva.


 


 


 



Appendice: chi era Kenji Nakagami


Nakagami Kenji e’ nato nel 1946 a Shingu, a sud-est di Osaka. Apparteneva ai burakumin, gli abitanti dei ghetti destinati da secoli a svolgere i lavori “impuri”, legati alla morte e al sangue (macellai, conciatori, becchini). Vivevano isolati ed emarginati, rifiutati dalle scuole, privati dei diritti civili. Sebbene le leggi abbiano abolito la discriminazione di questa parte della popolazione giapponese (pari al 2-3 per cento) dalla fine dell’Ottocento, i vecchi pregiudizi non sono ancora del tutto superati se ancora vent’anni fa schedature dei cittadini di origine buraku venivano normalmente utilizzate da molte aziende per evitare di assumere burakumin.


Nakagami si e’ trasferito a Tokyo da giovane e ha svolto molti tipi di lavoro manuale. Si e’ fatto una cultura da autodidatta sviluppando le passioni per il jazz e la scrittura. Nel 1973 ha pubblicato la sua prima raccolta di racconti; nel 1976, con Il promontorio, ha vinto il prestigioso premio Akutagawa. Mille anni di piacere (Einaudi, 2007) e’ stato pubblicato nel 1989. Ha scritto per giornali, cinema e televisione. È morto nel 1992, quando ormai era considerato uno dei grandi scrittori del Novecento giapponese. Di lui in Italia e’ stato tradotto Il mare degli alberi morti (Marsilio 2000). [scheda biografica a cura della Einaudi Editore]


 


 




Voto: 8/10


Genere: Free-Noise Improvisation


 


 




Musicisti:


Peter Bròtzmann – alto sax, tenor sax, soprano clarinet [bb clarinet], tàrogat