Un ritorno atteso da molti quello dello storico Rosybyndy, cantautore di lunghissimo corso, visionario e dissonante, digitale nel suono ma assai romantico nella visione del mondo. E dopo un disco come “Alone” di qualche anno fa, dopo silenzi cosparsi di produzioni con la sua Interbeat Records, Luigi Piergiovanni rimette i panni del cantautore e sforna un nuovo singolo dal titolo emblematico “Voglio un’altra epoca”, portatore sano di promesse di nuove tracce e un nuovo disco a venire. E canta con un piglio sghembo e distopico del tempo assurdo che non ci riconosciamo addosso, noi che gli “anta” li abbiamo ampiamente accettati. La produzione, sempre scura, sempre industriale, sempre partigiana dentro le sue barriere polverizzate dall’arte e dalla creazione.

 

 

La produzione di questo brano. Molto classica ma anche molto vintage che sembra di sentire retaggi dagli anni ’80. Come nasce il brano?

In questo brano c’è la musica che mi trascino dentro da quando scoprii l’elettronica, il MIDI, i primi sinth, quindi un omaggio al mio interiore, mi sentivo in dovere di farlo.

 

Tecnicamente come scegli i suoni e gli arrangiamenti? Immagino ci sia un lavoro quasi esclusivamente fatto al computer… ma esiste anche la dimensione della ricerca, dell’improvvisazione, delle prove…?

Quasi tutto e abbastanza casuale può nascere da un suono o da un pattern, all’inizio c’è improvvisazione anche nei testi. Non opero mai una ricerca nei suoni, costruisco quelli che in quel momento mi appagano di più. È come se cospargessi di colori un foglio bianco, non so mai dove andrò a finire.

 

Parafrasando quel che ci canta questo brano: secondo te in un’epoca di limitazioni esistono più frontiere da raggiungere e più consapevolezza?

Secondo me c’è consapevolezza che certe frontiere le raggiungerà solo che fa parte di alcune realtà.

E dunque in questa epoca nuova, chi diventa Rosybyndy, chi si scopre di essere… e come resiste al disagio di essere in un tempo non suo?

Un lupo solitario, un sopravvissuto, ma allo stesso tempo pronto ad uscire dalla tana ed azzannare.

 

La voce non sempre intonata, quasi un marchio di fabbrica da sempre per Rosybyndy ma anche un marchio di fabbrica per tanta nuova musica degli anni d’oro. Ha un significato preciso per te?

Io canto una strofa per fare il suono, poi canto di getto tutto il brano e lascio sempre quella versione. Ritengo che questo sia l’unico modo per rendere più umana la mia musica, in quanto tutto il resto è sintetico, perfetto, quindi la mia non perfezione è voluta.