Pianista dal tocco percussivo, dal playing vibrante ed energico, nonché sensibile compositore e sopraffino arrangiatore, Nico Morelli è un jazzista di lungo corso che gode di ottima considerazione in Italia e non solo. Parigino d’adozione e d’azione dal 1998, durante la sua brillante carriera ha stretto prestigiose e significative collaborazioni al fianco di numerosi nomi altisonanti del jazz nazionale e mondiale, tra i quali Steve Lacy, Bob Mover, Jeff Ballard, Greg Hutchinson, Andrè Ceccarelli, Marc Johnson, Darryl Hall, Glenn Ferris, Paul Jeffrey, Aldo Romano, Furio Di Castri, Paolo Fresu, Enrico Rava, Roberto Gatto, Flavio Boltro, Gegè Telesforo, Bruno Tommaso, Giovanni Tommaso, Marco Tamburini, Paolino Dalla Porta, Stefano Di Battista e moltissimi altri ancora. Il suo talento è stato apprezzato e riconosciuto anche all’estero, in particolare in Francia, Belgio, Messico, Marocco, Capo Verde. Dal punto di vista discografico è presente in più di trenta album, sia da leader che da sideman – e a tal proposito, nel 2003, il suo disco intitolato “Nico Morelli” (Cristal Records) ottiene il record di vendite, mentre nel 2013 ecco la nomination per B2Bill (con Emmanuel Bex e Mike Ladd), come “Album dell’Anno”, da parte della famosa rivista francese Jazz Magazine. Da sabato 30 aprile, esattamente dalla Francia, è in tour con la sua nuova formazione, ossia il Nico Morelli American Trio che prevede la presenza di due eccellenze del jazz internazionale come Hilliard Greene al contrabbasso e Karl Jannuska alla batteria. Invece, dal 5 al 10 maggio, la sua tournée lo vede impegnato in Italia, precisamente in Puglia e Piemonte, per poi terminare domenica 15 maggio in terra transalpina. Il repertorio è incentrato su brani (ri)letti e riarrangiati da Nico Morelli, in chiave contemporary jazz, appartenenti nello specifico alla tradizione popolare pugliese, oltre ad alcune composizioni originali proprio firmate dal pianista tarantino. Attraverso questa intervista, Morelli spiega come nasce questo suo nuovo trio e la fascinosa commistione tra folk e jazz.

 

 

Sei in tour con la tua nuova formazione, ossia il Nico Morelli American Trio. Al tuo fianco, due eccellenze del jazz internazionale come Hilliard Greene al contrabbasso e Karl Jannuska alla batteria. Quali sono le principali peculiarità stilistiche, tecniche e comunicative che ti hanno spinto a scegliere questi due formidabili compagni di viaggio per la tua tournée?

Ho conosciuto Hilliard Greene al festival jazz di New Rochelle (Stati Uniti), nel 2016. Abbiamo collaborato per un concerto ed è subito nato un certo feeling musicale e umano. Successivamente abbiamo suonato in un live a Parigi nel 2018 – e anche lì ho potuto apprezzare la sua grande caratura artistica e umana. Il suo percorso artistico, del resto, parla per lui (collaborazioni con Cecil Taylor, Kenny Barron, Uri Caine, Jason Moran, Greg Osby, Don Pullen, Bobby Watson, ndr). Invece, con Karl Jannuska, abbiamo suonato in svariate occasioni già dal 2009. L’ho conosciuto nel periodo in cui aveva appena collaborato con Brad Mehldau – e ho subito capito come un batterista del genere potesse interpretare perfettamente le idee che stavo mettendo in atto nella mia musica.

Oltre alla Francia, il tour prevede anche delle tappe in Italia: precisamente in Puglia e in Piemonte. Proponi un repertorio di brani folk appartenenti alla tradizione popolare pugliese (ri)letti in chiave contemporary jazz, animati da un riscaldante spirito mediterraneo. Se per gli ascoltatori pugliesi è verosimilmente più semplice comprendere questo genere di repertorio, che reazione ti aspetti da parte del pubblico francese e piemontese?

Io credo sempre che il pubblico presente ai miei concerti non venga nel tentativo di ascoltare necessariamente qualcosa di riconoscibile o già sentito. In genere i cultori del jazz si predispongono all’ascolto con orecchie “neutre” e senza aspettative precise, tranne quelle di riconoscere la sincerità di ciò che andranno ad ascoltare. Quindi, mi aspetto una reazione innanzitutto di interesse e poi di entusiasmo.

Visto e considerato che hai dato vita a un sapido mélange tra folk e contemporary jazz, in che modo hai concepito e strutturato gli arrangiamenti di questi brani?

Non c’è un unico modo per tutti i brani. Per alcuni di essi è stato necessario trascorrere delle ore al pianoforte, cercando un “vestito” che mi permettesse di personalizzare quelle melodie fino a sentirle mie. Invece, in altri casi, è stato un lavoro che si è svolto lontano dallo strumento. Di solito cerco di privilegiare l’aspetto istintivo, senza fare un lavoro di arrangiamento troppo cerebrale. Cerco sempre di immaginare quale sarà la resa degli arrangiamenti durante il live che ne conseguirà, proprio per renderli efficaci in funzione del concerto.

Nel tour con Hilliard Greene e Karl Jannuska c’è spazio anche per alcuni brani tratti da “Unfolkettable Two”, il tuo album dedicato proprio a questa maliarda commistione fra folk e jazz. Quali sono i brani presenti nel CD che suoni con questi due jazzisti statunitensi?

Sicuramente “Tarantella del Gargano”, “Espi” e “Lu Rusci de lu Mareimpreziositi dai nuovi arrangiamenti.

Inoltre, anche qualche tua composizione originale fa parte del repertorio che presenti in questa tournée. A tal proposito, quali sono le maggiori fonti di ispirazione che accendono la tua fervida creatività compositiva?

Nel mio modo di comporre sto cercando una connessione quanto più profonda possibile con la mia parte più istintiva. Per cui, cerco di non darmi troppe spiegazioni razionali in quello che scrivo, ma inseguo semplicemente un’illusione di bellezza o almeno bellezza secondo me. Inoltre, in questa circostanza, cerco un legame sonoro con identità musicali che possano ricollegarmi a ipotetiche sonorità popolari.

Concluso il tour, pensi di intensificare la collaborazione con Hilliard Greene e Karl Jannuska registrando, magari, un nuovo disco proprio insieme a loro?

A questo proposito, alla fine del nostro tour dovremmo entrare in studio per registrare i nuovi arrangiamenti che faranno parte del repertorio dei concerti.