JON  BALKE | Discourses







Caratterizzato forse da uno “step” in meno in quanto ad immediata riconoscibilità, rispetto almeno ai sommi confratelli del gotha dell’avant-garde e della Nu-music made in Scandinavia, Jon Balke rimane comunque una firma di netto e fertile profilo, speso oltre l’individuale dimensione pianistica.

Quest’ultima in particolare si è espressa in due precedenti esperienze discografiche, tali “Book of Velocities” (del già non recente 2006) ed il più prossimo “Warp” (2015)  per palesarsi adesso nella presente sessione, che attinge a nuove e più sentite motivazioni dall’inasprimento del generale quadro politico negli ultimi mesi : “nell’apprendere le notizie su varie fonti non posso che sentirmi coinvolto, ma anche scioccato, frustrato, così come ispirato e talvolta lieto di quanto osservo, e tutto ciò permane con me nel processo creativo musicale”.

Da qui, almeno in buona parte, la tensione etica ed il rigorismo formale che improntano ragioni ispirative e resa drammaturgica della presente sequenza, che assume tra i suoi titoli concise implicazioni tematiche, tali the Why o the How, aprendo in severità nella sobria tessitura classicista di the Opposition, segnata da effervescenze di sviluppo temperate da obliquità d’impianto; clima in apparenza più sereno nella lineare the Facilitator, che introduce le filanti e metallescenti alonature elettroniche apposte nella fase di “sound processing” (esplicitando continuità con le soluzioni espresse nel precedente solo “Warp”), esitando in un lirismo contenuto che ritroveremo in successivi passaggi, tali the Deliberation.

Ancora, revisione della forma toccata nell’incisiva progressione di the Certainties, dialettica esposizione del dubbio nell’ondulante the Suspention, esplicita vena polemica in the First Argument , spettralità impressionista nell’angolosa the Second Argument o tesa declamazione notturna the Container, toccando l’epilogo nella triplice sequenza degli Afterthought, disegnata tra severe inflessioni ritmiche ed ebollizioni elettroniche, conferendo controllata veemenza al completamento discorsivo.

Modalità jazz più o meno sobrie quanto funzionalmente aggiornate s’embricano al classicismo più evoluto ed esistenzialista, incorporando non solo quelle svolte ideative occorse (non soltanto nella letteratura pianistica) nei determinanti anni tra Ottocento e Ventesimo Secolo, puntando in realtà anche verso ascendenze più arcaiche, non facendosi mistero dell’apertura, sia pure tardiva, alla scrittura di patriarchi della tastiera quali il sommo J.S. Bach e suoi grandi interpreti quali l’eccentrico Glenn Gould.

Convivente con il plastico opificio elettroacustico Magnetic North e con le visionarietà multi-idiomatiche degli animati progetti Siwan, il volto individuale di Jon Balke  rilascia una ponderata eloquenza solistica pervasa da instabile bilanciamento tra retorica (enunciata) e concretezza (esperienziale), distaccandosi alquanto dal panorama discografico ECM (ultimamente più nebuloso nelle sue progettualità) nel proporsi con diritto d’attiva cittadinanza nel novero del più avveduto pianismo post-jazz.

 

Musicisti:

Jon Balke, pianoforte, sound processing

Brani:

01. the Opposition 02:27
02. the Facilitator 03:42
03. the Container 03:11
04. the Assumptions 01:50
05. the Certainties 04:14
06. the Suspension 02:16
07. the Polarization 02:43
08. the Second Argument 02:15
09. the Why 03:32
10. the Deliberation 02:39
11. the First Argument 02:09
12. the How 03:45
13. the Mutuality 02:04
14. the First Afterthought 01:50
15. the Second Afterthought 02:44
16. the Third Afterthought 02:13

Link:

Magnetic Music