“Disonore”. Ecco il titolo di questo disco della rinascita per Helle, al secolo Lisa Brunetti, di fresca uscita per Volume! dopo l’uscita di due singoli lo scorso anno (brano che non troviamo in questa tracklist). Sottolineo questa parola: “presenza”. Perché penso sia un punto chiave non solo dal punto di vista lirico ma anche estetico e del suono. Ci troviamo nel mondo elettro-pop dove si respira una certa leggerezza hippie anni ’70 anche complice questo mix vocale che pare coprirsi di una leggerissima foschia… ed ecco la presenza come sottile linea sospesa che arricchisce l’ascolto di un disco che parla a suo modo della nostra presenza in questa vita quotidiana. Dai social ai lati oscuri dell’essere umano. Un lavoro interessante, maturo e ricco di spunti su cui ragionare… visto che la quotidianità oggi si è fatta apocalittica e ci sta chiamando a dura prova. Tra leggerezza e severità: ci piace questo disco di Helle.

 

 

Partiamo dal disco. Oggi che sembra quasi un oggetto passato di moda, per te cosa significa? Rinascita anche dell’oggetto come della musica?

Oggi c’è il culto del singolo immediato, ma spero che qualcosa cambi, che si ritorni popolarmente ad ascoltare la musica in un modo più complesso e profondo. L’album prevede un tipo di scrittura diversa, è un’arte a sé, praticamente. Io ho sempre e solo ascoltato dischi: per me la musica è questo.

“Disonore” sarà un lavoro fisico? In che formato?

Purtroppo no! Per adesso non è ancora disponibile in formato fisico. Sicuramente un giorno lo sarà, comunque.

Parliamo di finzione e voglio farti una domanda spigolosa: non pensi che lasciare il disco liquido alla mercé di tutti sia una finzione scenica che leva rispetto al contenuto?

Certamente un prodotto disponibile per tutti non semplifica il nostro lavoro dal lato economico, però è utile da un punto di vista promozionale. Ti fai sentire facilmente, ecco, ed Internet da questo lato aiuta. Idealmente tante cose non sarebbero giuste in tanti frangenti, ma bisogna adeguarsi a come gira il mondo. Ad ogni modo lo confesso: a me l’idea di “dare” non dispiace.

Parliamo di suono: scelte spesso vintage, un’elettronica inglese o anche berlinese. Come ci hai lavorato? E sotto quali ispirazioni?

Amo come suona la musica anglosassone, alla berlinese preferisco quella francese, a dire il vero. Con questo disco speravo di raggiungere un suono tondo, ma sporco, stridente in alcuni punti. Ho seguito un’onda, un vento, ho cercato sonorità cupe.

E comunque tutto il disco sfoggia una coerenza in merito ai suoni. Sembra quasi che tu abbia scelto una “ristretta rosa di suoni” per poi giocarli e dosarli diversamente lungo tutto l’ascolto… sbaglio?

Mi viene da sorridere, hai colto perfettamente il mio obiettivo: coerenza. Vedi, tematicamente è vario – pur riunito sotto lo stesso tetto del disonore -, dal punto di vista della scrittura ha sia l’hip-hop che l’indie, il tutto rivestito da un cantautorato per quanto possibile semplificato. Avevo bisogno di creare un suono che lo uniformasse. Ho pensato: deve suonare simile sennò viene un pastrocchio.

Che ci dici del video in arrivo?

Non dirò tanto, solo che sarà provocatorio. Non vedo l’ora che esca!