Helle vince il “Premio Lunezia New Mood” con il singolo “2,107”, nuovo estratto dal suo disco “Disonore” che riceve ancora bei riscontri da parte della critica discografica. Lavoro di contenuto, di intelligenza, lavoro dentro il quale il suono è liquido e digitale ma anche attento a cercare una sua identità, una sua forma e che non sia l’ennesima copia del format. Smagliature che sembrano berlinesi, altre che ci riportano all’Italia degli anni ’60… disco di società e di denuncia contro il vero disonore che possiamo marcare verso noi stessi. La canzone d’autore torna a fare polemica sul quotidiano di questa apparenza omologante che ci costringe alle maschere e alla bellezza canonica. Evasione…

 

Parliamo di suono. Che direzioni hai inseguito?
Ho lavorato sulla sonorità comune: non sembra, ma le canzoni di questo disco originariamente sono nate in contesti molto, molto diversi. Alcune sono folk, altre sono rap, ci sono canzoni cantautorali ed altre più pop. Ho cercato di fare in modo che rientrassero tutte nello stesso mondo, insomma, che avessero coerenza sonora.

Di sicuro sono forti i richiami ad un certo stile del passato, canzoni come “Carovane” sembrano strizzare l’occhio anche alla canzone pop al femminile degli anni ’60… o sbaglio?
Mi è stato detto, in effetti, ma onestamente sul momento non posso dire d’averci pensato. Ho scritto Carovane inizialmente come poesia, poi, affascinata dall’immagine, non ho resistito e l’ho messa in musica. È stata molto istintiva a dire il vero, sia le parti melodiche che il synth frangiato.

Eppure riesco poco ad orientarmi e questo lo rimando ad un grosso valore di personalità. L’hai ricercata e forse l’hai anche trovata a tratti. Tu cosa ne pensi?
Grazie mille per il complimento. Non saprei dire cosa abbia personalità e cosa non lo abbia – per me tutto ciò che produco in qualche modo possiede una sua piccola personalità. Personalmente parlando, preferisco alternare le confidenze ad un linguaggio più poetico e distaccato: adoro quella freddezza elegante, ma non sempre la trovo congeniale – è per questo che a volte appaio in un modo e a volte in un altro. Credo in più linguaggi, ecco, in più stratificazioni.

Oggi il disco che peso ha nella vita delle persone? E nel bisogno espressivo di Helle?
Generalmente ascolto album, raramente dedico tempo alla musica slegata da raccolte: mi piace sintonizzarmi con un artista, per me la musica è soprattutto una persona, o più persone.

E se non erro vorrei chiederti: mi sembra che ci sia molta rivoluzione dentro le tue ultime scritture fino ad approdare a questo lavoro o sbaglio?
Forse hai ragione. Non è la prima volta che mi viene detta una cosa del genere; sicuramente c’è rabbia, dolore e tanta, tantissima voglia di cambiamento. Devo dire che nella mia vita quest’album abbia già avuto di per sé un impatto vagamente rivoluzionario: sarebbe un sogno riuscire a parlare in questi termini anche alla gente.

Società che sta perdendo l’onore e la dignità… ma esiste la luce in fondo al tunnel?

C’è, ma è offuscata. E molto, anche.