GREGORIO MUCCI | Esordio con leggerezza e pungente cinismo

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In bilico tra il più attuale indie-pop alle sfumature più vintage del funk-pop elettronico proveniente dagli anni ’80 – se non prima anche… e sono i colori accesi il vero marchio di fabbrica di Gregorio Mucci, cantautore toscano che fa il suo esordio con questo Ep dal titolo “Non è un problema”. Da “Bambola gonfiabile” al singolo “Il Jaguaro” passando per la copertina di questo lavoro: certamente il cinismo intelligente è di casa così come quella gustosa provocazione sociale che servirà sempre per spogliarci di tante maschere e perbenismi popolari. Dischi che un tempo avrebbero creato brecce e diviso gli animi. Oggi faticano ad inserirsi, immersi come siamo nell’indifferenza… pop anch’essa, manco a dirlo!!!

 

 

Diciamo che partendo da brani come “E aspetto te” si pensa direttamente a quel modello imperante di indie pop italiano che i The Giornalisti hanno sdoganato anni fa. E invece, chiedendolo direttamente a te, qual è il tuo mondo di suoni a cui senti di appartenere?

Guarda, il mondo è strano. I suoni, ad esempio, usati dai The Giornalisti sono gli stessi che usava Raf (per dirne uno a caso) negli anni ‘80. I suoni sono solo un vestito (certo, è bellissimo cercare il suono giusto: è come essere un sarto); il testo, in Italia, farà sempre la differenza. E poi, un solo come quello di “E Aspetto Te”, i giornalisti non ce l’hanno ahah! (inoltre, quella che sentite all’inizio è una chitarra, non un synth).

 

Il suono diventa sempre più digitale, anche tra le righe intime di un cantautore. Che rapporto hai con il suono? Cosa cercavi e come soprattutto lo hai trovato?

Si, la tecnologia ha trasformato la musica, ma questo ormai da decenni. Ci sono produttori oggi che non sanno usare uno strumento. Fino a dieci anni fa credo fosse impensabile. Non mi sento di fare discorsi volti a giudicare, oggi è così, è un dato di fatto. Si lavora tantissimo sui suoni, sul groove. Per anni la chitarra è stata la regina incontrastata del mondo musicale. Oggi comandano batteria e bassi. È’ giusto così: è una ruota che gira. Io sono partito dalla chitarra, dal rock’n’roll. Per me ha ancora quel significato di ribellione. Sono uno che ha tanta rabbia dentro, e la chitarra, il palco sono la mia unica via per sentirmi vivo. Mi sento invincibile. Fuori da lì sono un coglione qualsiasi. E così cerco di mischiare quella mia viscerale passione per gli Stones con quella per Michael Jackson. Poi il lavoro in studio è un viaggio: sai da dove parti e non sai dove arrivi. Escono suoni che nemmeno credevi ci fossero. Poi la cosa si consolida, impari il sentiero e ci ritorni. Quando capisci poi magari ti spingi sempre più in là. Personalmente cerco sempre un suono che piaccia a me. Sono molto egoista in questo. Voglio provare piacere ad ascoltarmi. Sono il primo critico di me stesso.

 

Pensando a “Il Jaguaro” mi torna forte alla mente il pop rock di Vasco di anni andati. Senti anche di appartenere a quella scena fatta anche di provincia italiana?

Il Vasco di “Colpa d’Alfredo”, di “Alibi” è geniale. Io vengo da un paesino di 2.000 abitanti in provincia di Pistoia, altra piccola realtà. Le estati spesso le passavo a Gavinana, un borgo sulla montagna pistoiese. Quindi sì, certo, c’è tanta provincia in me, sento di farne parte, nonostante abbia abitato anni in una metropoli come Los Angeles.

Quando abitai per qualche mese a Milano, ricordo che comunque ti facevano sentire di essere di una piccola città. ”Ah è questo che diceva Vasco quando gli davano del montanaro”. Ottimo, uno stimolo in più per dire ”Ehi, guardate che sa fare il provinciale”.

 

E poi quella chiusa elettrica ma decisamente “psichedelica” e acida nei suoni digitali che è “Bambola gonfiabile”… direi che il lato sovversivo e dissacrante non manca… quasi che si torna ad un Alberto Camerini stile rock…

Provocare è la mia passione oltre a essere il mio tallone d’Achille. Guarda sono molto contento di come è venuta Bambola. Credo abbia un suono tutto suo, una dimensione tutta sua. Qualche amico, quando ha visto che l’ho messa in chiusura, ha storto un po’ il naso. Ma credo sia il suo giusto posto.

Alberto era un bel personaggio. Oggi manca uno così. A parte forse ne mancherebbero un po’ troppi, a pensarci bene ahah!