Campi ci racconta il suo singolo di debutto “Bologna sospesa”

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Da venerdì 14 ottobre sarà disponibile su tutte le piattaforme digitali “Bologna Sospesa” (UMA Records/Sony Music Italy), il singolo d’esordio di Andrea Campi, in arte CAMPI. Il primo capitolo musicale del giovane cantautore bolognese inizia con un brano uptempo dal gusto funky, in cui il mood felice della melodia cela sottotraccia la sensazione di incertezza che si prova davanti a un futuro senza punti di riferimento.

CAMPI riesce a descrivere un sentimento comune nella sua generazione: “Bologna Sospesa” parla infatti di ansia, di sospensione, di attesa di tempi migliori. Ma a volte è anche bello così: ballare sospesi in equilibrio sulla speranza.

Non potevamo resistere, e gli abbiamo fatto qualche domanda.

  1. Cosa ti ha fatto capire che era arrivato il momento di esordire con “Bologna Sospesa”? E cosa c’era, musicalmente parlando, prima di questo brano? 

Prima di Bologna Sospesa ci sono anni di musica, lavoro, sperimentazione e canzoni. Ho iniziato prestissimo e scrivo con impegno da quando ho 16 anni.  Non ho mai voluto pubblicare nulla di mio perché ritenevo non ci fossero le condizioni giuste e non fosse ancora il momento. Ho avuto per anni un contratto con due autori ed editori di Warner Chappell: Daniele Coro e Federica Camba.

Scrivere per altri artisti e con altri autori e produttori mi è servito a crescere e capire meglio me stesso. L’occasione giusta per è nata grazie ad un insieme di persone con cui ho lavorato in questi ultimi anni. La miccia è partita da Trasporti eccezionali: una residenza artistica della regione Emilia Romagna che ha creduto in me finanziando il progetto.  La stima che c’è con i musicisti Marco Paganelli, Pietro Posani e con Gianrico Cuppari di ‘tuttomoltobenegrazie’ ed UMA records hanno fatto il resto.  La canzone mi sembrava giusta per partire perché sintetizza un po’ quello che sono, con un testo che ha dei riflessi cantautorali ed una produzione ed una melodia fresche che guardano al pop.

  1. Com’è nata la tua collaborazione con i rovere? 

Avevo preso una pausa dalla musica dopo essermi trasferito a Milano ed essere stato rigettato a Bologna dal covid.  Ho sfruttato la pandemia per dare gli ultimi esami e laurearmi in lettere moderne.  Una volta laureato mi sono ritrovato a Bologna da solo con una gran voglia di ripartire.  Ho contattato Pietro Posani, un chitarrista eccezionale con cui è nata una sintonia ed abbiamo iniziato a sperimentare insieme. 

Lui si è sentito con Marco Paganelli, (batterista e produttore dei rovere), che mi aveva sentito suonare anni prima in un centro commerciale ed era rimasto colpito.  Ha detto che stavano scrivendo il disco e ha chiesto se avevamo qualcosa da fargli sentire. Avevo una melodia che mi sembrava adatta ed ho concluso il testo pensando a loro. 

È piaciuta e ci siamo visti in studio per finirla insieme.  Da lì è nata una collaborazione anche su altre tracce scritte da loro a cui ho contribuito dando qualche piccola idea. E successivamente sul mio progetto artistico.

  1. Come descriveresti Bologna a chi non c’è mai stato? E perchè questa città è così importante per te? Campi esisterebbe anche in un’altra città? 

Bologna è una città che amo molto e credo rispecchi anche il mio modo di essere.  Penso abbia come caratteristica quella di unire la profondità e la leggerezza.  È allo stesso tempo una grande città ed un ‘paesone’ in cui il centro restano sempre le persone.  Tutto l’opposto di Milano, dove vivo ora, di cui apprezzo comunque le qualità opposte.  A Bologna tutto ti fa sentire protetto, dai portici alle mura al caldo colore purpureo dei tetti. Credo che ci siano i ritmi e la giusta dimensione per essere creativi.

Probabilmente non farei musica nello stesso modo se fossi nato altrove perché inevitabilmente ci si fa influenzare dalla cultura e dall’atmosfera che si respira nella propria città di provenienza, anche musicalmente. 

Il tipo di approccio alla musica della scuola bolognese è infatti stato il mio riferimento principale da quando ho iniziato.

  1. Si può fare musica anche senza studiarla? Com’è stato per te? 

Ho sempre seguito lezioni private di canto, chitarra, teatro, da pochi anni pianoforte.  Suono per accompagnarmi e scrivere ma non posso dirmi un musicista completo.  Sono sempre stato un istintivo ed ho approfondito più la parte creativa che quella tecnica. Credo che per fare musica non sia per forza necessario avere fatto il conservatorio.  Credo anche però che conoscerla dia una marcia in più.  Conoscere ti da la possibilità di essere padrone di quello che stai facendo.  Da qualche anno infatti mi sono rimesso a studiare armonia e questo mi ha aiutato moltissimo a crescere a livello compositivo.

  1. Prossimi step?

Il prossimo step è sicuramente il mio primo disco che uscirà a dicembre.  Ci sto lavorando in studio sempre con i miei due amici musicisti e produttori Marco Paganelli e Pietro Posani.  Sarà un disco molto vario pieno di sfumature diverse e sarà un mix di canzoni nuove composte negli ultimi mesi ed alcune mie più ‘storiche’ scritte sui banchi di scuola o nei primissimi anni di università.  Magari meno articolate ma sicuramente sentite e sincere.  Quindi sarà un racconto a 360 gradi di quello che sono.. c’è tanta vita dentro e spero davvero possa riuscire a trasmettere qualcosa.