Brad Mehldau

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“I visionari formano un ordine a parte, singolare confuso, in cui prendono posto artisti di talento diverso e forse d’ingegno ineguale” (Henri Focillon).


Ineguale è Brad Mehldau, brillante pianista americano (classe 1970) che con il suo concerto trevigiano è riuscito, in poco più di due ore, a condensare la letteratura pianistica attraverso la rilettura delle forme di contrappunto bachiano e le più complesse e articolate lezioni monkiane fino ad approdare alle proprie radici culturali richiamando i generi del pop-rock-blues.
Un talento fuori dal comune, un artista eclettico particolarmente amato in Italia sia nella sua formazione classica di trio, sia in quella ricercatissima e sofisticata per piano solo, in cui riesce magistralmente ad avere la padronanza del tempo e dello spazio.
Si presenta così come un’anima versatile si esprime nella sua insistenza alla tastiera del tema ricercato, quasi ad individuare la complessità dell’armonia e dei suoi stili.
Brad Mehldau, in un teatro affollatissimo, non poteva non scegliere come brano d’apertura Exit Music (versione originale della rockband dei Radiohead): la compenetrazione reciproca di espressività nei bassi e nel tema rientra perfettamente in uno schema dove la dinamica compositiva bilanciata lascia spazio alla padronanza di una tecnica pianistica assolutamente perfetta.
Capacità e controllo totale delle frasi, a volte apparentemente accennate, ma delicatamente incorniciate, con un’impressionante visione delle differenti ‘voicing’ del pianoforte (come in It’s all right with me di C. Porter), lo portano intelligentemente ad una chiarezza costruttiva che cede solamente al piacere del puro ascolto. La logica compositiva non ha mai interruzioni, ogni nota è perfettamente in equilibrio con l’architettura delle tonalità.
La sensibilità di questo pianista americano si produce quindi per intensificazione: piccole cellule melodiche prendono vita per essere interiorizzate, come elementi che debbono essere sentiti in ordine di successione. Non a caso, sia in Resignation che in Retrato em branco e preto di Jobim si denotano i modi incantati, rassicuranti e a volte sensuali della melodia, dove il pensiero e la creatività si fondono in una sintesi istantanea.
Dal punto di vista pianistico il suo modo di suonare, interpretare e reinventare è ormai inconfondibile. Il saper scegliere ogni micro-tema e confonderlo in progressioni armoniche affidate molto spesso alla mano sinistra, con accordi tesissimi che risolvono in modulazioni sovrapposte dall’andamento imprevedibile come in Think of one (brano monkiano a tutti gli effetti, ma con il ricordo di un sapore blues), lo conduce ad una dimensione di lucidità mentale compositiva che stupisce.
Con Secret love (di P.F. Webster) l’anima romantica esplode scivolando con grazia su arrangiamenti raffinatissimi in perfetto equilibrio tra composizione e melodia. Un’interpretazione stilistica che non poteva non concludersi con My favorite things, magnifica e lunghissima suite pianistica (quasi mezz’ora): chiarezza costruttiva nell’impiego delle parti, ritmi sincopati, controllo perfetto delle mani che si alternano nel tema, ricerca espressiva del suono in una dimensione poetica con sorprendenti giochi di virtuosismo pianistico, trascinano i presenti in un’atmosfera musicale rarefatta.
D’obbligo allora per il musicista accontentare il suo pubblico con gli ultimi brani, I fall in love too easily, No moon at all, Mother nature’s son, in cui costruisce fraseggi lunghi e semplici ricchi di sonorità velate. La creatività guida le mani, le melodie originali subiscono inaspettate metamorfosi con giochi di spostamento di tempi che riaffiorano a sorpresa, catturando l’ascoltatore con il feeling, il ritmo, la passione della musica.
Brad Mehldau, ricostruisce, reinventa temi e strutture attraverso il tempo, un artista paragonabile solo a se stesso, magicamente perfetto.


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Teatri SpA:
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