Si intitola “(In)Canto Rituale” il nuovo bellissimo disco del duo composto da Beppe Dettori e Raoul Moretti. Voce e suoni della Sardegna mescolati in una contaminazione etnica anche e soprattutto grazie all’arpa edulcorata da varianze digitali. E tornando alle radici dell’isola e della sua cultura, tornando a quella figura che è stata Maria Carta che i nostri si mettono in cammino per arrivare ai suoni di oggi, ripercorrendo le sue canzoni e musicando, con una scrittura inedita, una sua poesia – “Ombre” dal libro “Canto Rituale” edito nel 1975. Un omaggio non solo alla donna e all’artista di Siligio, ma anche e soprattutto un omaggio importante alle origini di tanta cultura italiana che è ancora di attualità, un manifesto di gratitudine a tantissima tradizione che non è solo del popolo sardo… e forse, a guardar bene, è proprio di tutti, italiani e non.

 

Un suono che questa volta torna più alle sue origini invece di concedersi il lusso di spaziare “altrove”… sbaglio?

Raoul Moretti: Se per “altrove” si intende repertori di altre terre è vero perché qui si torna alla Sardegna e nello specifico omaggiando la figura di Maria Carta, ma a livello sonoro l’approccio è il medesimo di “S’incantu e sas cordas”. Non può essere altrimenti perché è quello che più ci rappresenta, frutto della ricerca di questi anni, sia in duo sia individualmente, un suono che quindi contiene tante influenze ed anche “l’altrove”.

Beppe Dettori: Un suono, che nel rispetto delle opere originali, ha un’urgenza evolutiva. Un’esigenza che parte dall’Io interiore, sovrastrutturato dagli studi e ricerche, decostruito per esaltarne alcune forme. In realtà abbiamo avuto ampio spazio per “l’altrove” dove a noi piace restare senza vincoli di Tempo, il quale non ha esistenza, se non nel momento del “risveglio” o della fine del brano. Una sorta di contemplazione meditativa.

 

Una scelta di questo tipo cerca anche di rispettare quanto più possibile la genetica di queste canzoni?

Raoul Moretti: Non necessariamente. Passano attraverso il nostro filtro estetico ma direi anche emotivo che a partire dal nostro suono ci ha portato ad un tipo di arrangiamento che ci è piaciuto rispetto ad un altro.

Beppe Dettori: Si, assolutamente, senza il tema originale al quale attenersi per poi aprirlo ed allargarlo a nuove soluzioni sonore, sarebbe stato un lavoro di inediti. Perciò è stato molto divertente e stimolante cimentarsi e verificare quanto il nostro sound si sarebbe potuto spingere avanti o scontrarsi in muro impenetrabile.

 

Improvvisazione… quanto spazio avete lasciato al caso? Certamente sono canzoni già scritte e definite ma di vostro quanto vi siete dati la possibilità di inventare altro?

Raoul Moretti: La componente improvvisata fa parte del nostro approccio. Per noi è naturale perché appoggia sull’intesa sonora costruita negli anni e che soprattutto dal vivo si esprime liberamente. Non ci siamo dati limiti a priori sul modo di arrangiare una canzone, è venuto fuori naturalmente quello che più ci ha convinto e coinvolto.

Beppe Dettori: È il concetto del jazz. Tema, improvvisazione, tema. Su queste strutture si riesce a trovare un inizio e una fine dando spazio, alla mente, di prendersi una pausa e lasciar fare all’io profondo, che sa dove e come fare. La difficoltà è, casomai, riuscire a scollegare la mente, i pensieri, le aspettative che inficerebbero la purezza degli intenti creativi altrimenti contaminati. Abbiamo inserito nuove parti, improvvisandole, ormai diventati “obbligati”, cioè parti scritte e da riprodurre come tali. Ma nate da improvvisazioni.

 

“(In)Canto Rituale” sembra un disco che lotta con il tempo. In qualche modo lo sconfigge. Dal futuro torna al passato e viceversa. Che rapporto c’è con il tempo e con la sua storia?

Raoul Moretti: Forse proprio non tenendo conto del tempo, quasi sospesi.  Un’immersione per noi che abbiamo eseguito e per chi vuole concedersi ancora tempo e spazio di ascolto, al di fuori dei ritmi quotidiani e dall’omologazione.

Beppe Dettori: Vivere il presente, che significa Dono, è un assoluto regalo che dovrebbe rimpicciolire i rimpianti del passato e le paure del futuro… ma non sempre si riesce a gestire tutti gli accadimenti della vita, le difficoltà e la quotidianità spietata che ti riporta alla scelta di ingoiare la pillola blu o rossa, restare dentro o fuori Matrix. Combattere, vincere, perdere, o scappare. Il Tempo? E’ un’invenzione, è un moto di rotazione e rivoluzione, di luce e oscurità. Tutto ciò che è macro sta nel micro cosmo di ogni esistenza e quindi anche la nostra. Con i picchi di Ego leciti o illeciti che ne conseguono. Come un tramonto rosso d’estate porta le lacrime e un’emozione. Si va nel profondo personale Mio e di Raoul. Nelle 3 esistenze. Nel dolore e nella gioia. Nella forza espressiva che va aldilà della comprensione. E’ Fortuna!

A chiudere: a riviverle da vicino, quanto di nuovo avete scoperto di Maria Carta? Quanto e cosa ci siamo persi lungo il cammino?

Raoul Moretti: Speriamo a venticinque anni dalla sua scomparsa aver ridato attenzione ad una straordinaria interprete, rivedendola attraverso il nostro filtro. Più che una scoperta, una conferma di quanto saranno sempre attuali le figure iconiche dei grandi artisti/artiste con il loro contributo.

Beppe Dettori: Un enorme insegnamento di Vita, Cultura, Passione e Amore. Alimentare la determinazione e la volontà sorretto da visioni e speranza è stata una piacevole scoperta. Ritrovare un’artista così grande e profonda e così simile al nostro mood nel pensiero e nella musica, nel significato Alto e nobile della parola. A chiudere direi, che forse sembriamo dei DonQuixiotte che lottano contro mulini a vento pensando siano draghi. È difficile produrre la nostra musica in un mondo di “limiter” e di sordità. Ma qualcuno lo dovrà pur fare!

Continua…