“Tokyo” non è un semplice singolo firmato dai BEIK, ma rappresenta un ritorno consapevole alle origini: il primo brano mai scritto dalla band torna oggi in veste definitiva, come vero e proprio atto di rinascita. Il risultato è una canzone che vibra di tensione emotiva e ricerca poetica, incrociando introspezione lirica e sperimentazione sonora. La città di Tokyo evocata da Barry e i Karamazov è uno spazio simbolico che va al di là del luogo fisico, dove il vuoto urbano si fa riflesso delle solitudini contemporanee. Il ritornello, con la frase “Non vedi che là fuori c’è il vuoto?”, è un urlo soffocato che attraversa neon, silenzi e dissonanze interiori. La produzione miscela sapientemente chitarre distorte, synth vintage, tra cui un campione tratto dalla colonna sonora di Bubble Bobble, e arrangiamenti cinematografici che alternano sospensione e deflagrazione. Una scrittura colta e visiva che conferma i BEIK come i narratori più ibridi e necessari della scena alternativa italiana. “Tokyo” è un piccolo culto, capace di parlare a chi si sente fuori tempo ma ancora pieno di domande.











