A SONG A DAY KEEPS THE VIRUS AWAY | oggi il quarto appuntamento con il chitarrista SANTANA

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Ezio Guaitamacchi & JAM TV

presentano

A SONG A DAY KEEPS THE VIRUS AWAY

 

Pensieri, parole e riflessioni per attenuare l’ansia e (ri)scoprire le canzoni che ci hanno cambiato la vita

OGGI IL QUARTO APPUNTAMENTO CON IL CHITARRISTA SANTANA

 

La musica, oltre a emozionarci, farci sognare o semplicemente a svagarci e divertirci, ci fa meditare, riflettere, pensare. E, da questo punto di vista, può essere un prezioso sostegno psicologico per superare momenti di disorientamento e sconforto come quelli che stiamo vivendo oggi. 

 

Oggi, alle ore 15, il quarto capitolo di “A song a day keeps the virus away” su jamtv.it in partnership con meiweb.itmescalina.itmusicalmind.altervista.orgspettakolo.it e le pagine facebook Cultura Virale e Musica senza aggettivi.

 

https://www.youtube.com/watch?v=SaKjECg9774

Ezio Guaitamacchi presenta storie, curiosità e riflessioni legate alle canzoni che hanno fatto epoca, quelle che, pur scritte anni fa, sono ancora di un’attualità disarmante. Un modo diverso di (ri)scoprire brani bellissimi che ci riconciliano con la vita.

 

SOUL SACRIFICE – SANTANA

Agosto del 1969

 

Sul palco di Woodstock sale un sestetto sconosciuto ai più. Li ha fortemente voluti lì (o meglio imposti) il loro manager, Bill Graham, padre-padrone del rock di San Francisco. Graham, che aveva in pugno le superstar della musica psichedelica (Jefferson Airplane e Grateful Dead) aveva patteggiato con gli organizzatori del festival. “Li avrete a Woodstock”, aveva detto Graham riferendosi a Dead e Airplane, “se prendete il gruppo su cui sto puntando: la Santana Blues Band”.

Formato da musicisti giovanissimi di etnia diversa (un afroamericano, due ispanici, due californiani e un chitarrista messicano) era la rivelazione della scena di San Francisco, con un sound che sembrava un formidabile, originalissimo mix di rock, blues e psichedelica energizzato da ritmi e percussioni afro-cubane.

“Avevo preso dell’Lsd prima di salire sul palco di Woodstock”, ha raccontato anni dopo Carlos Santana, “e per quasi tutto il tempo ero in un’altra dimensione. Ma, sul brano finale, Soul Sacrifice, è come se mi fossi svegliato di colpo”. Il brano, uno strumentale trascinante condotto magistralmente dalla Gibson di Santana, è impreziosito da uno spettacolare assolo di batteria di Michael Shrieve (allora ventenne) e trasforma i Santana da artisti sconosciuti a una delle rock band più acclamate del pianeta. Sono stati gli unici ospiti di Woodstock a suonare senza avere un album. Il loro disco di debutto uscirà, infatti, poche settimane dopo e arriverà al quarto posto in classifica.

 

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