Un brano nato da un inverno di introspezione ma carico di luce, come un abbraccio tra passato e presente. Zelda Mab ci accompagna tra orchestrazioni epiche ed elettronica, dove il bambino interiore torna protagonista e la musica diventa atto d’amore e trasformazione.
Quanto ha inciso il tuo vissuto personale, soprattutto i ricordi d’infanzia, nella scrittura del brano “Del vento e del mare”?
Del Vento e del Mare nasce da immagini molto precise: il mare, qualcuno che osserva e protegge da lontano, un altro che gioca sulla riva, un capitano che guida la sua nave. È una poesia dedicata al bambino interiore che ognuno di noi custodisce, un dialogo silenzioso tra passato, presente e futuro. È anche un canto sulla bellezza della semplicità, sull’importanza di custodire la fragilità senza perdere mai la curiosità e l’entusiasmo per la vita. I venti sussurrano verità sottili, come può esserlo un sorriso che arriva all’improvviso. È un brano che mi ha permesso di riconnettermi con una parte essenziale di me stessa.

Il brano è un dialogo con il proprio bambino interiore: quanto è importante oggi, secondo te, recuperare quel contatto?
Credo sia fondamentale. Molte delle ferite che ci portiamo dietro nascono proprio nei primi anni di vita, e spesso restano lì, non elaborate. Ritrovare un dialogo con il proprio bambino interiore significa prendersi cura di sé in profondità, diventare quella figura di supporto che magari, un tempo, ci è mancata.
Significa anche perdonare, alleggerirsi, ritrovare una complicità autentica con sé stessi. È un processo che migliora non solo il nostro benessere personale, ma anche la qualità delle relazioni che costruiamo con gli altri.
Guarire sé stessi è un atto rivoluzionario che può contribuire a costruire una società più sana e consapevole.
Hai definito il tuo stile “Electro Epic Rock”. Come nasce questa combinazione e in che modo la sviluppi nei tuoi pezzi?
Il mio stile è il frutto naturale di ciò che sono, di ciò che ho vissuto, studiato e ascoltato nel tempo. Amo la grandiosità delle orchestrazioni epiche, la carica viscerale del rock e la forza evocativa dell’elettronica.
Nei miei brani, questi elementi non si incastrano secondo uno schema, ma si fondono in modo istintivo: le melodie si aprono come orizzonti cinematografici, l’elettronica aggiunge un livello narrativo — a tratti ipnotico, a tratti spigoloso — mentre il rock dà spinta, ritmo e profondità.
Cerco un equilibrio che rifletta il mio paesaggio interiore e lascio che accada.
Quanto conta per te che chi ascolta le tue canzoni colga i messaggi più nascosti dietro i suoni e le parole?
Mi interessa soprattutto creare musica che mi rappresenti e che sia coerente con chi sono in quel preciso momento. Voglio dare sempre il massimo, con i mezzi che ho a disposizione, per tirare fuori la parte più autentica e intensa di me. Credo che se una canzone riesce a far stare bene me, allora ha buone possibilità di fare lo stesso anche con chi l’ascolta. C’è un detto che dice: “Se non impari ad amare te stesso, non potrai mai far star bene qualcun altro.” Io sto applicando questo principio alla musica: creare qualcosa che mi appaga, che mi guarisce, che mi parla. E, nel farlo, spero di riuscire a connettermi anche con gli altri. In fondo, siamo tutti parte dello stesso flusso.
Nel panorama musicale attuale, ti senti più ispirata a seguire o a rompere gli schemi?
Il panorama musicale di oggi è estremamente vario. Proprio per questo, per rompere davvero un pattern, a volte bisogna spegnere tutto e ripartire da sé. Mi piace pensare di essere una persona che pensa fuori dagli schemi, ma giudicarsi oggettivamente è difficile, quindi preferisco lasciare questo compito a chi ascolta, ai critici e agli appassionati. Io mi limito a scrivere, comporre, creare quello che sento, senza incasellarmi, senza regole fisse. Ogni canzone per me è un universo a sé, e merita la sua forma, la sua voce.
Che direzione prenderà ora il tuo progetto artistico, alla luce di questo nuovo EP?
Non posso prevedere con esattezza dove andrò, perché per me la musica è un processo in continuo movimento. Quello che oggi mi rappresenta potrebbe cambiare tra qualche mese, e trovo che ci sia una grande libertà in questo.
L’unica certezza è che continuerò a evolvermi, cercando nuove forme e nuove strade, mantenendo sempre fede alla mia visione.
L’EP Del Vento e del Mare è stato un punto di svolta: ha chiuso un ciclo e ne ha aperto uno nuovo. Da qui in poi, ogni passo sarà una scoperta.










