C’è qualcosa di profondamente viscerale nella versione di “Dark Phoenix” proposta dagli A Good Man Goes To War. Il duo torinese, composto da Flavio Amelotti e Fabrizio Paglia, prende la potente composizione di Hans Zimmer e la trasforma in un’esperienza immersiva, dove ogni nota sembra scavare dentro l’ascoltatore. Non si tratta solo di musica: è una riflessione emotiva, un atto di trasformazione che va oltre la reinterpretazione. Il brano, già carico di tensione e drammaticità nella sua forma originale, qui si dissolve e si ricompone in chiave post-rock, mantenendo l’epicità cinematografica ma aggiungendo un’intimità nuova, quasi confessionale.

L’uso sapiente di texture sonore, pause meditate e crescendo misurati rende questa versione un viaggio nella vulnerabilità e nella forza. Ciò che colpisce è la capacità del duo di restituire al pubblico non una copia, ma un mondo parallelo: un luogo in cui la fenice del titolo rinasce dalle proprie ceneri sonore, più consapevole, più umana. Il brano si inserisce perfettamente in quello che sembra essere un concept più ampio, un’evoluzione artistica e spirituale che ci fa intuire molto sul prossimo capitolo discografico della band. Per chi cerca musica che tocchi corde profonde e racconti storie non dette, “Dark Phoenix” è un ascolto imprescindibile.











