Sicuramente dobbiamo sottolineare come tanta parte del nuovo pop italiano si stia misurando con nuove scelte di produzioni che effettivamente non portano chissà quale innovazione, ma comunque dimostrano l’urgenza di provare a rompere i cliché e le forme abitudinarie. Stefano Napolitano ha sempre indagato la musica come spiritualità e questo nuovo disco accoglie il tema fino in fondo, sfornando un “dream pop” – come lo definirebbe gran parte della critica – dentro cui l’elettronica e la scrittura cerca di alterare i punti fermi che abbiamo. Spazialità, antichi strumenti, futuro delle macchine… e la spiritualità mutuata ai tempi moderni. Un progetto davvero interessante che merita il vaglio della corte.

 

COVER NAPOLITANOParliamo di produzione. Parliamo del TH8. Come l’hai raggiunto e perché usarlo?

È stata un’idea illuminante di Danilo (Danilo Ballo, n.d.r.). Avevamo già registrato tre brani prima dell’estate del 2024, ma a settembre arrivò in studio con questo nuovo programma rivoluzionario. Mi disse che avrebbe arrangiato daccapo i tre brani e che avremmo lavorato con quello fino alla fine. Il risultato si è rivelato musicalmente potente.

L’elettronica ti ha dato orizzonti che difficilmente potevi raggiungere? Come a dire: questo disco nasce dalle possibilità o hai cercato i suoni che avevi in mente a prescindere?

Abbiamo fatto di tutto per cercare i suoni che avevo in mente. Poi Danilo ha dato un contributo notevole alle canzoni. Non potevo davvero chiedergli di più, ci ha messo molto di sé. Per me era importante trovare i suoni giusti. L’album è potente ma al tempo stesso molto delicato, non c’è nulla di paragonabile sul mercato. Io sento cosa passano le radio in generale. La mia musica potrebbe dare fastidio perché incanta e fa riflettere.

Di contro hai usato strumenti antichi. Come li hai scelti? Scelti anche dal risultato che davano nell’insieme? O hanno anche una connessione filologica nel disco?

Se si decide di parlare di Gesù bisogna ricordarsi che fosse un arabo, quindi il viaggio musicale mi avrebbe portato in quelle terre d’Oriente inevitabilmente. Ed è da lì che sono partito, che mi sono avventurato per scriverne testi e musiche. Poi il viaggio della Maddalena dopo la crocifissione che la porta dalla Terra Santa alle coste francesi meridionali. Unire Oriente e Occidente sotto il profilo del suono mi ha dato la possibilità di creare un sound innovativo, totalizzante e molto credibile a impatto acustico. Molti si sono sorpresi del risultato finale.

Intelligenza Artificiale. L’hai usata nel video… e nel disco? Il suono deve molto anche ad essa?

L’ho usata nel video. Quello che volevo creare dal vivo sarebbe stato costosissimo così ho optato per l’A.I. Penso di averla usata molto bene e con criterio in fase di realizzazione. Avevo scritto tutta la sceneggiatura e la scenografia delineando il profilo dei due protagonisti. Poi, con l’aiuto di due operatori abbiamo costruito le scene, sequenza per sequenza. Sono soddisfatto del risultato.

E nel live… si torna a suonare o sposerai a pieno il futuro degli automatismi? Ecco una nuova luce sul mondo da considerare…

Riprodurre il mio disco nei concerti non è facile perché è un prodotto di ricerca sperimentale realizzato appositamente in uno studio. Ci vorrebbero una serie consistente di musicisti per ricreare suoni ed effetti originali. Così per il momento lo sto presentando in chiave acustica anche perché ascoltandolo in questa versione la gente si rende conto dell’originalità dei brani e, successivamente, sentendo l’album apprezzerebbe ancor di più il lavoro di Danilo in fase di arrangiamento.