SQUID | Cowards

Con “Cowards”, terzo album targato Warp, gli Squid prendono ispirazione dalla malvagità e dalle paranoie dell’essere umano per rivoltare nuovamente il loro sound come un calzino.

SQUID
Cowards
Warp Records
2025

“Il terzo album del quintetto inglese art rock Squid. Questo riporta l’adesivo nero posto sulla copertina di “Cowards”. Un’indicazione illuminante e non di poco conto. In primis perchè definisce come meglio non si potrebbe lo stile poliedrico e astratto della premiata ditta di Brighton (l’etichetta post-punk appiccicata già all’album d’esordio “Bright Green Field” pareva riduttiva se non fuori luogo). In secondo luogo perchè nel volersi classificare “quintetto” e non band, Ollie Judge e soci danno chiara l’idea di aver sempre giocato in un altro campionato, sin dal lontano 2016, quando ancora studenti universitari e privi di contratto discografico suonavano principalmente jazz strumentale intriso di kraut-rock e minimal music in un club della loro città.

 

A conti fatti “Cowards” non è altro che il gemello diverso di “O Monolith”, simile al simbionte nero che induce Spider Man verso il male. Sì, perchè è proprio il tema del male ciò che permea le nove tracce di questo concept album registrato nel 2023 a latere di “O Monolith”, dopo un periodo di tour e viaggi in giro per il mondo. In effetti tra i due lavori le affinità stilistiche sono evidenti, figlie di un medesimo salto di maturazione che ha reso il processo di scrittura ed esecuzione più ardito e spavaldo rispetto all’urgente e spigoloso splendore sonico di “Bright Green Field”.

“Cowards”, tuttavia, appare come un lavoro molto più ambizioso, denso e complesso, indubbiamente anche di non facile ascolto e assimilazione. Innazitutto l’organico del quintetto si trasforma in un vero e proprio ensemble con l’ausilio degli strumenti ad arco del Ruisi Quartet. Una presenza centrale e fondamentale in ben otto dei nove pezzi dell’album. Altrettanto dicasi delle parti vocali aggiuntive, in contrappunto o in duetto, di Clarissa Connelly, Tony Njoku e Rosa Brook) e del puntillistico rinforzo percussivo da parte del solito Zands Duggan, elementi chiave all’interno di quei ribaltamenti di ruoli, atmosfere e situazioni stranianti che costituiscono la cifra espressiva degli Squid e di questo disco in particolar modo.

Tanto per fare un esempio: a quanti sarebbe venuto in mente di piazzare in apertura e lanciare come primo singolo un brano introdotto e segnato dal suono di una spinetta seicentesca aggrovigliandolo a quello di un ficcante basso punk-funk? È ciò che accade in Crispy Skin, puzzle sonoro ispirato dal cannibalismo legalizzato come forma di sopravvivenza di «Tender Is The Flesh» della scrittrice Agustina Bazterrica.

Un pezzo che al suo interno ne incapsula altri quattro a formare una mini suite tanto cangiante quanto inquietante. Così dalla saettante e sincopata cadenza iniziale, resa ancora più schizofrenica dall’acidula spettralità vocale di Ollie Judge, si passa all’improvvisa stasi di un sadico sussurro horror in punta di chitarra per poi ripartire con il massimo dispiego strumentale a disposizione e sfociare, infine, in una colossale apoteosi di archi, ottoni e sfrigolamenti elettronici.

Per larghi versi, quella appena descritta è la peculiare architettura che informa molte delle tracce qui presenti, influenzata certamente da un’attitudine jazz-progressive che gli Squid hanno via via affinato e alimentato con l’innesto di una molteplicità di modelli e rimandi senza rinunciare ai classici poliritmi, tempi dispari ed effetti elettronici che sono da sempre il marchio di fabbrica di casa Warp.

Pertanto, dal lato di questa elegante e accurata sensibilità estetica, tanto contemporanea quanto rinascimentale, la casistica della malvagità e della violenza umana esposta in episodi quali Blood On The Boulders (mood spettrale in cui aleggia l’ombra assassina di Charles Manson), Showtime! (pezzo a dir poco mutante e spettacolare, votato a delineare il lato più controverso della personalità di Andy Warhol) e Cro-Magnon Man (metafora dell’uomo predatore e preda, illustrata da urbane vertigini e sbattimenti electro-funky) si dipana in arrangiamenti sia aspri sia delicati, volti a restituire con successo una fluttuante e cinica cupezza di fondo.

Nella parte centrale spiccano, invece, i due momenti più brevi e flemmatici della raccolta (il clavicembalo che ritorna protagonista in Fieldwork I seguito dal sinistro ma avvolgente sapore cameristico di Fieldwork II) mentre in quella finale prendono spazio gli avventurosi otti minuti di Well Met (Fingers Through The Fence), cesellati nei labirintici meandri vocali e strumentali di un claustrofobico crescendo orchestrale.

In conclusione “Cowards” si rivela opera matura e perfetta (come quella di produzione e missaggio, qui affidata alle sapienti mani di Marta Salogni, Dan Carey e John McEntire), di certo destinata a restare un caposaldo assoluto nella sempre più imprevedibile rotta artistica degli Squid.

Esperienza e supporto d’ascolto: Black Standard Vinyl, UK & Europe Edition, WARPLP368

Voto: 8/10
Genere: Experimental Art Rock

Musicisti:

Louis Borlase – guitars
Anton Pearson – guitars
Laurie Nankivell – bass, electronics, cornet
Arthur Leadbetter – keyboards, strings, percussion
Ollie Judge – vocals, drums
Ruisi Quartet – strings (cello, viola, violins)
Zands Duggan – additional percussion
Chris Dowding – flugelhorn
Clarissa Connelly, Rosa Brook, Tony Njok – additional vocals

Tracklist:

01. Crispy Skin
02. Building 650
03. Blood On The Boulders
04. Fieldworks I
05. Fieldworks II
06. Cro-Magnon Man
07. Cowards
08. Showtime!
09. Well Met (Fingers Through The Fence)

Links:

Squid Official
Warp Records