È difficile dare una direzione e una etichetta al suono di questa nuova avventura. Loro sono i Melty Groove: Edoardo Luparello (batterista), Alice Costa (bassista e cantante) e Carlo Peluso (tastierista). E un disco come “Free Hands” sancisce una regola su tutte: la libera espressione, la provocante improvvisazione e quel glamour vincente fatto di un ritmo che spazia dal soul al pop passando per rock, canzone d’autore (si perché rielaborano a loro modo anche una canzone di Faber) e r’n’b senza soluzione di continuità. Che genere fanno? Ascoltateli. Dal canto nostro penso sia questa la vera espressione del jazz.

 

MELTY GROOVE COVERA mano libera. Che sia l’istinto la vera ricetta della creatività oggi?

Più che nell’istinto crediamo nella musica suonata e vissuta, composta con strumenti veri, poco computer e senza vincoli di genere. Alcune scelte che paiono istintive in questo disco sono in realtà frutto di mesi di ragionamenti, prove e concerti. Questo è un progetto che ci rappresenta a pieno: abbiamo tre vite diverse, tre esperienze diverse e differenti visioni del mondo, ma che siamo riusciti a conciliare artisticamente. Per altro il titolo è un gioco di parole tra “Free/three hands” e “Friends”, in nome della nostra amicizia. (Edoardo)

Che sembra anche una provocazione visto che ormai andiamo solo con i computer… altro che mano libera. Ha anche queste chiave di lettura?

Amiamo suonare live ed esprimerci con i nostri strumenti, ma utilizziamo anche noi la tecnologia e i computer però sempre come un supporto, non come parte predominante del nostro sound. (Carlo)

Il tema della libertà è la bandiera del disco: anche questa una degna provocazione?

Ci sentiamo privilegiati nel trovarci in una parte del mondo in cui si può quantomeno pensare di essere liberi e poter realizzare i propri sogni. Ci piace esprimere questo pensiero nelle nostre canzoni, come ad esempio “Have no fear” e “I’m free”. (Alice)

Nella produzione quanto lasciate all’improvvisazione?

In fase di scrittura dei brani spesso arriviamo in sala con qualche idea talvolta frammentata e suoniamo “a ruota libera” assecondando ciò che esce ad istinto in quel momento. Altre volte invece realizziamo dei provini che poi vengono sviluppati e ampliati in fase di prova. (Edoardo)

E questo vale anche per la registrazione? Come si dice: piazzato il microfono ci prendiamo il suono che esce? O li avete ragionato?

Pur avendo le idee piuttosto chiare quando entriamo in studio, siamo sempre aperti a nuove idee che possono arrivare anche in fase di registrazione e spesso gli arrangiamenti si consolidano proprio in queste occasioni. (Carlo)

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