Come promesso ci addentriamo dentro “Awakening”, questo nuovo disco che ormai è approdato finalmente anche in Europa e, volendo, lo troviamo anche in una preziosa release in vinile. Registrato al leggendario Powerstation di New York e con la partecipazione dell’Harlem String Quartet, vincitore di un Grammy, “Awakening” è il nuovo tassello della grande carriera di Lizzie Thomas, disco che al jazz dai profumi non troppo classici – anzi direi molto attenti ad una certa tradizione americana visto l’uso dell’Hammond, coraggioso e al tempo stesso “innovativo” per un certo approccio da puristi – unisce tematiche importanti che ruotano attorno al concetto di “risveglio”, dunque consapevolezza, emancipazione della condizione della donna in generale. È un viaggio personale… ma in fondo che diventa un poco di tutti.

 

COVER LIZZIE THOMASNashville è famosa come la terra del folk e del country… crescendo in una città con queste radici, come sei arrivata ad abbracciare un jazz di ispirazione internazionale?

Sebbene Nashville sia conosciuta per il folk e il country, è in realtà una città musicale in piena espansione, ricca di generi diversi. Solo vivendo lì ti rendi conto di quanto abbia da offrire. Ho studiato con la cantante jazz e docente Sandra Dudley alla Belmont University. Il mio desiderio era imparare e trovare rifugio in un genere che non potesse mai essere esaurito. La profonda storia del jazz afroamericano è ricchissima di cultura, suoni, teoria e un’infinita possibilità di improvvisazione. Proprio l’aspetto improvvisativo del jazz mi ha conquistata. Come vocalist, ho scavato dentro il mondo degli strumentisti — Thelonious Monk, Clifford Brown, Lester Young e Charlie Parker. In loro ho trovato innumerevoli modi per comunicare musicalmente. A seconda del tempo, del ritmo, dell’umore del momento, la canzone diventava tua da plasmare. Il jazz offre al musicista creativo un campo aperto per comunicare, nel momento stesso, ciò che pulsa nel sangue, nella mente e nello spirito. Mi sono formata a Nashville e ho studiato tutto ciò che la città poteva offrire: tanta scrittura, blues, soul e una scena jazz in crescita. Ma a un certo punto è arrivato il momento di andare alla fonte… C’è un motivo se mi sono trasferita a New York City: “la capitale mondiale del jazz”.

Dal grande jazz ti muovi anche verso soluzioni pop ed elettriche. Cosa ti ha condotto in quelle direzioni?

Sono cresciuta immersa nei suoni degli anni ’80, ’90 e 2000. Ascoltavo i grandi — Madonna, Whitney Houston, Michael Jackson — ma anche, con vera ossessione, la musica precedente: The Police, Blondie, Led Zeppelin, The Doors, Pink Floyd, Elvis e The Beatles. È chiaro che, come amante della musica e con una formazione teorica che spazia dal classico al jazz, tutti questi suoni vorticano dentro e intorno a me. I brani originali di Awakening sono il frutto maturo di tutte queste influenze che si chiudono in un cerchio completo. Ho scritto canzoni per tutta la vita, ma solo ora mi sento abbastanza matura da farmi da parte e lasciare che siano loro a rivelarsi a me. La mia scrittura è un esercizio di distacco dall’esperienza personale, per poter ascoltare il brano e incontrarlo come si incontra un amico. L’uso dell’organo Hammond B3 e della chitarra elettrica urlante sono state scelte molto precise per dare vita alla musica.

In un mondo musicale che spesso impone etichette, cosa significa per te rivendicare la libertà di mescolare stili ed espressioni?

Il vecchio mondo sta crollando, così come gli imperi costruiti sui generi e sulle etichette rigide che dettavano cosa fosse la musica e come dovessimo ascoltarla. Oggi abbiamo accesso al mondo come mai prima. Possiamo ascoltare suoni che un tempo ci erano preclusi. È un enorme crogiolo, e come artisti siamo in prima linea nell’esprimere questo modo cosmopolita di esistere. Come cantante jazz, sento il dovere di onorare la tradizione da cui provengo e allo stesso tempo creare ponti con altre culture, con nuovi ritmi e sonorità emergenti. La mia scrittura è una rivoluzione: scrivo canzoni per aiutare a ricordare. Questa è la mia libertà d’espressione — portare un suono nuovo, radicato nella tradizione ma capace di accogliere strumenti e timbri provenienti da altri mondi musicali. È libertà! Sono spinta a creare canzoni di cambiamento, che evocano emozione e consapevolezza, non seguendo regole ma intuizioni.

“Awakening”… risveglio da cosa? Una sorta di emancipazione?

SÌ! Un risveglio letterale, e un interrogarsi sul “perché”. La maggior parte di noi vive reagendo a ciò che è accaduto, o alle storie che abbiamo ereditato su chi siamo. Portiamo con noi traumi, convinzioni limitanti e identità false che non ci appartenevano fin dall’inizio. Finisce che viviamo da vittime dentro narrazioni che non abbiamo scelto. I brani di Awakening rappresentano proprio il processo di risveglio e la scelta consapevole di vivere la vita che desideriamo, quella che creiamo. È tutto disponibile, basta iniziare a porsi domande e non avere paura di guardarsi dentro.

“Disimparare ciò che ti è stato insegnato”: perché tornare a una radice così profonda? Cosa comincia da lì in poi?

La radice è il punto da cui tutto nasce. È lì che tutto si impara e tutto si insegna. Ma chi è l’insegnante? Dove sei radicato? Da quali sistemi di credenze nasce quella radice? Cosa hai imparato, e a vantaggio di chi stai vivendo? Porsi queste domande è l’inizio di una vita autentica. Conoscere se stessi e capire perché si fa ciò che si fa. Chiamo questo esercizio il problema dell’ascesa, perché è come pelare una cipolla: strato dopo strato, fino a trasformarsi. Credo che questo sia il motivo per cui siamo qui sulla Terra — ricordare chi siamo davvero. E sicuramente non è ciò che ci hanno insegnato.