JETHRO TULL | Aqualung

Nel 1971 i JETHRO TULL pubblicano il loro quarto album dando seguito allo stile del periodo che voleva che i lavori pop seguissero il tema unico nello sviluppo dei brani. Il concept album fu AQUALUNG che trattava, nei testi soprattutto, la superficialità dilagante nella società, e le contraddizioni della religione.

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JETHRO TULL
Aqualung
Reprise Records
1971

Anziché studiare a scuola studiavo sui dischi, sul Ciao 2001, che era quasi l’unica rivista musicale esistente all’epoca, mi innamoravo di qualsiasi cosa riguardasse la musica che era (ed è) l’unica cosa che non ti tradiva, me la ritrovavo sempre lì disponibile, un disco, uno strumento, un articolo, un concerto… tutta per me senza nessun altro che te la potesse portar via, non avevo paura di perderla, era (ed è, ribadisco) tutta mia.
Ricordo il rammarico in quegli anni da adolescente di non essere nato in tempo per vivere appieno la nascita di movimenti musicali e di artisti che già avevano scritto parte della storia del Rock.

Mi capitò di innamorarmi della copertina di Stand Up, un disco che non avevo mai ascoltato e che scoprii (il rammarico, appunto) già vecchio di un paio d’anni. Nell’espositore del negozio di dischi, sotto al separatore ‘Jethro Tull’  trovai Aqualung, fresco di arrivo, decisi di prenderlo subito. Facevo sempre gli stessi gesti quando compravo un disco, uscivo dal negozio vicino casa con la busta stretta in mano,  a passo svelto tornavo a casa, pulsante in ON sullo stereo, e via a scartare il LongPlaying… quel profumo di disco nuovo mi inebriava mente e anima, come quando riconosci la donna che ami dal suo odore e ad occhi chiusi gli dai tutto te stesso fidandoti completamente… meravigliosamente perso…

Arrivai quindi con qualche anno di ritardo sui JT, cominciai praticamente con il loro 4° album e la formazione era quasi la stessa dal 1967 ma proprio a partire da Aqualung il bassista Jeffrey Hammond, chiamato dal suo vecchio e caro amico di Jan Anderson, andò a sostituire Glen Cornick. Ed è proprio a Jeffrey (a cui per scherzo fu aggiunto un secondo Hammond al cognome) che si scoprì poi che gli furono dedicati tre brani, uno per disco da This Was, Stand Up e Benefit ben prima del suo arrivo nella band.

Aqualung compie quest’anno il mezzo secolo, portato benissimo direi e, se non fosse che il Progressive oggi sia considerato dai più così anacronistico, sarebbe potuto essere stato pubblicato anche qualche anno fa senza sfigurate affatto, anzi! Ho quindi colto l’occasione del 50° compleanno per ascoltare con rinnovata passione quest’opera d’arte del 1971 che, già a partire dalla copertina incuriosisce non poco: è un dipinto di Burton Silverman, fatto ad acquarello,  che lo stesso autore (nato nel 1928 in America) dichiara essere un suo autoritratto e che il furbo Jan prende ad esempio e si esibisce vestendosi in modo molto simile al barbone raffigurato, per cui nell’immaginario collettivo il frontman diventa ‘quello della cover’, il clochard Aqualung. Capelli arruffati e barba lunga non curata unita ad un abbigliamento trasandato con tanto di cappotto strappato, diventano il ‘marchio’ estetico della band che ancora vive in noi oggi. Si dice che le tre opere originarie di Silverman che vengono raffigurate come front cover, interno (la band al completo) e retro copertina (lo stesso barbone seduto sul bordo di un marciapiede con un cane) siano state pagate all’artista americano 1500 dollari e siano oggi di proprietà di un collezionista.

Il disco si sarebbe dovuto intitolare My God ma, a causa di un bootleg uscito in quel periodo con quel nome, la band decise per Aqualung per non inficiare la vendita dell’LP ufficiale. Curiosamente, nonostante Jan Anderson non avesse mai dichiarato che Aqualung fosse un ‘concept album’, la critica lo ha sempre definito tale. Intanto le due facciate vengono intitolate rispettivamente Aqualung (lato A) e My God (lato B) ed i temi sviluppati nel disco effettivamente sono due, nel primo lato, l’argomento trattato si rivolge ad un sentimento di disumanizzazione della società affrontando la compassione ed il disprezzo rivolti verso i propri simili (vedi il barbone in copertina e nel retro) mentre il lato B narra delle ipocrisie della religione e le contraddizioni che l’uomo spesso subisce passivamente senza relazionarsi in modo più sincero verso la stessa, e qui si vada ad osservare l’interno della copertina dove la band viene raffigurata all’interno di una chiesa in atteggiamenti e abbigliamenti non consoni all’ambiente. Dissacrante di certo.

JETHRO TULL si lasciano un po’ indietro il blues suonato nei precedenti album, strizzano l’occhio al rock più duro con riff di chitarra sporcata da distorsori che prima non erano usati con così tanta frequenza, il brano d’apertura Aqualung, lo sancisce a pieno titolo, anche gli assoli chitarristici vengono suonati con il piglio del miglior rockettaro, tanto che anche Jimmy Page, che si trovava nello stesso studio durante le registrazioni del brano (stava incidendo il IV album con gli Zeppelin), ebbe modo di complimentarsi per il lavoro di Martin Barre. La costruzione musicale sostiene in modo perfetto i testi che pare vengano urlati verso il barbone che guarda in modo molesto le ragazzine a passeggio. Emblematico l’urlo ‘Hey Aqualung’ come un rimprovero, una condanna per l’atteggiamento del personaggio.

Anche Cross-eyed Mary tratta lo stesso argomento, qui è una ragazzina (Mary, strabica) che rivolge le sue attenzioni a uomini molto più maturi della sua giovane età, provando a prostituirsi scegliendo con  cura soggetti ricchi e pretendendo salati pagamenti. Ed anche qui la musica viene a sostegno del testo con intrecci di mellotron (riproducendo sezioni di archi) e flauto; questo brano verrà spesso eseguito dal vivo e diventerà, per la sua stessa costruzione melodica, un marchio di fabbrica per la band.

Passo velocemente da Mother goose, dove i flauti soprano e alto si rincorrono con arpeggi di chitarra acustica, ad un brano che, di tutta la produzione dei Jethro Tull, mi sta veramente nel cuore…

Wond’ring aloud, una perla davvero unica, peccato duri poco, troppo poco (in questo periodo la sto ascoltando a ciclo continuo),  appena 1’53” minuti di tenerezza e amore. Racconta di un uomo che al mattino, sveglio dopo una notte accanto alla sua amata donna, sente i profumi della colazione che Lei gli sta preparando. La donna arriva da lui e sparge briciole di pane tostato sul letto, la guarda e dolcemente scuote la testa sorridendo… il testo recita ‘Last night sipped the sunset, my hands in her hair…l’altra notte ho assaporato il tramonto, le mie mani nei suoi capelli, ed ancora ‘And it’s only the giving that makes you what you areEd è solo il donare che ti rende quello che sei. Che altro dire, chitarra acustica con un sognante tappeto al pianoforte con la chitarra di Barre a contrappuntare e sottolineare la magnificenza di un momento di vita che resta indelebile nella storia di chiunque. E’ una ballad degna della migliore produzione mai ascoltata, il brano che più mi colpì all’epoca ed ancora oggi mi tocca profondamente. Nel seguito  troverete una versione ‘long’ di questo brano, vi esorto ad ascoltarlo.

Il lato Aqualung si chiude con Up to me, e qui si ribalta la storia precedente, lei vive un rapporto instabile ma che per fortuna di entrambi finisce sempre bene, perché nonostante tutto lei torna sempre dall’uomo che la rende felice… ‘she’s running up to me’! La matrice è un blues che però sviluppa un particolare colloquio tra percussioni e flauto che sottolineano la relativa leggerezza del brano (come costruzione musicale) pur trattando un argomento non certo poco ‘leggero’.

Siamo al cambio di facciata, lato B intitolato My God, sovverte la logica del rapporto degli uomini con Dio, qui si immagina che l’uomo ha creato Dio per cui tutto è manipolato al contrario. In alto a destra, sul retro della copertina, ci sono 9 punti che dovrebbero chiarire (nelle intenzioni dell’autore) in che modo l’ordine sia sovvertito, e ricorre il tema del disco che viene sviluppato in My God in modo più esplicito esaltando il disprezzo dell’uomo verso i suoi simili. E’ un blues classico che richiama le sonorità di Aqualung, con chitarre belle toste e ritmo trascinante,  così come il blues seguente Hyman 43, dove la chitarra assume un ruolo quasi da voce ‘incazzata’. Infatti l’accordo preso senza spingere le corde sulla tastiera ma suonato col plettro quasi a percussione (la tecnica usata si chiama ‘hacking’), ricorda le urla dei predicatori all’indirizzo dei suoi seguaci. Anche qui il testo fa riferimento ad uno dei classici riti religiosi, siamo in chiesa e viene esposto il cartello ‘Inno 43’, ad indicare che i fedeli sono invitati a cantare appunto l’inno che ad un certo punto recita ‘’…O Padre nell’alto dei cieli, sorridi a tuo figlio quaggiù, che è indaffarato nei suoi giochi di soldi, con la sua donna e la sua pistola…’, ed a chiusura di ogni strofa, si ripete la frase ‘Oh Jesus save me!’.

Slipstream, altra piccola perla (brevissima) suonata con due chitarre acustiche che fungono una da base, arpeggiando l’accompagnamento e l’altra fraseggia con la melodia. Gli archi entrano in un secondo momento, quasi ad imitare il suono dell’acqua che rumoreggia creado l’ultimo vortice, il ‘risucchio’ appunto, qui questa parola viene usata metaforicamente per far riflettere sull’ultimo atto del prete (cameriere di Dio) a cui si dà la mancia prima di ricevere il ‘conto’… il riferimento è alla morte.

Segue uno dei cavalli di battaglia ‘live’ dei JT, quella Locomotive breath che chiude da decenni i concerti di Anderson & Co. e che si apre col pianoforte di Evan per poi racchiudere tutti gli altri strumenti in un crescendo che ormai è storia, e non solo dei Jethro Tull. Ancora la tecnica dell’ hancking sulla chitarra di Barre che accompagna all’ascolto di uno dei migliori assoli di flauto del menestrello di Blackpool.

Siamo all’epilogo, Wind up chiude l’album in modo strepitoso, musicalmente è strutturato in tre parti: quella iniziale con una voce quasi narrante accompagnata dalla chitarra acustica dove pian piano si ascolta  il pianoforte prendere forza fino a quando la voce ritorna ai normali toni sorretta prima dai riff di chitarra elettrica, e poi  seguita da tutto il resto degli strumenti, ed infine chiudersi così come iniziata, con la voce quasi sussurrata. Nel testo la denuncia finale nei confronti delle istituzioni religiose è più esplicito, Il protagonista (lo stesso Anderson?) accusa il cattivo rapporto con i ministri di Dio che parlano in suo nome ma che in realtà l’autore definisce mistificatori e ingannevoli servi di un sistema che lo hanno indottrinato (‘caricato’ come un orologio la domenica a messa) sin da piccolo, dai banchi di scuola, alle lezioni di catechismo. E’ così che il protagonista alla fine si lascia tutto alle spalle, si disfa delle regole e cercherà, da quel momento, un rapporto più vero, sincero e personale con Dio.

Buona musica.

 

(Il tempo passa ma la classe e il valore di certi musicisti e di alcune composizioni musicali restano gli stessi. Di seguito una versione “orchestrale” di Aqualung del 2004, quindi molto più recente, interpretata dallo stesso Anderson accompagnato dalla Neue Philharmonie Frankfurt diretta dal M.o John O’Hara.)

Musicisti:

Ian Anderson, voce, chitarra folk, flauto
Martin Barre, chitarra
John Evan, pianoforte, organo, mellotron
Jeffrey Hammond, basso, flauto dolce, voce
Clive Bunker, batteria, percussioni

Tracklist:

Lato A – Aqualung

Aqualung – 6:31
Cross-Eyed Mary – 4:06
Cheap Day Return – 1:21
Mother Goose – 3:51
Wond’ring Aloud – 1:53
Up To Me – 3:14

Lato B – My God

My God – 7:08
Hymn 43 – 3:14
Slipstream – 1:13
Locomotive Breath – 4:23
Wind Up – 6:01