Consegnato alle stampe dall’etichetta Barly Records, “Time to Reset” è il disco d’esordio da leader di Giovanni Digiacomo, giovane talento emergente del sassofono jazz. In questa avventura discografica figurano dei validissimi compagni di viaggio come Gianluca Di Ienno al pianoforte, Carlo Bavetta al contrabbasso e Pasquale Fiore alla batteria. Più un prezioso ospite, uno fra i trombettisti jazz italiani più conosciuti e acclamati degli ultimi vent’anni: Fabrizio Bosso.

Concepito stilisticamente nel solco dell’hard bop, da cui emerge dunque un profondo rispetto per la tradizione jazzistica, “Time to Reset” è un album formato da otto brani originali scaturiti dalla creatività compositiva di Giovanni Digiacomo, attraverso cui lui esprime la sua passione per la natura, per le bellezze della Terra, l’amore per la sua compagna e per la sua nipotina. Il tutto nel segno di temi costruiti su melodie intrise di veracità comunicativa, arricchiti dalla finezza armonica di Di Ienno, dal brillante swing e dall’accattivante groove del tandem Bavetta-Fiore e dalle elettrizzanti linee melodiche improvvisate, pregne di “killer instinct”, di Fabrizio Bosso.

Giovanni Digiacomo entra nelle pieghe di questa sua fatica discografica descrivendola con entusiasmo, generosità e sensibilità.

TIME TO RESETTIME TO RESETIl titolo di questo tuo nuovo disco cattura subito l’attenzione: “Time to Reset”. Artisticamente e più interiormente, cosa significa per te giungere al momento di resettare?

Resettare, per me, vuol dire ripartire da zero. Ma allo stesso tempo essere comunque consapevoli del proprio bagaglio culturale, delle proprie origini e dei propri riferimenti artistici e musicali. In fondo, per me, “reset” significa dare spazio a una nuova energia, senza dimenticare ciò che ci ha formato.

Al tuo fianco, in questa avventura discografica, figurano tre puri talenti del jazz nazionale come Gianluca Di Ienno al pianoforte, Carlo Bavetta al contrabbasso, Pasquale Fiore alla batteria e un graditissimo ospite quale Fabrizio Bosso, uno fra i trombettisti jazz italiani più conosciuti e soprattutto di maggior talento degli ultimi vent’anni. Secondo quale criterio artistico hai pensato a questi musicisti per la registrazione dell’album?

Era da un po’ che volevo mettere in piedi un progetto con dei brani originali. Infatti, in occasione di una gig in un jazz club, ho contattato Gianluca Di Ienno, Carlo Bavetta e Pasquale Fiore perché avevo il piacere di suonare con loro alcune di queste composizioni per vedere il risultato “live”. Come spesso accade, ascoltando le registrazioni dopo qualche giorno, mi sono convinto definitivamente che quello sarebbe stato il gruppo con il quale avrei registrato il mio primo disco. Invece, per quanto riguarda Fabrizio Bosso, c’è un rapporto che va oltre quello professionale. Quando l’ho ascoltato per la prima volta dal vivo avevo quattordici anni. Suonava nella mia città. A Comiso (paese natale di Giovanni Digiacomo, ndr) si organizzava una rassegna jazz. Ricordo di essere stato rapito dal suo modo di suonare, era straordinariamente libero, creativo e coinvolgente. In quel momento mi dissi che un giorno, quando avrei registrato il mio primo disco, avrei voluto lui al mio fianco. Non finirò mai di ringraziarlo per la sua pazienza e la sua disponibilità in questo lavoro discografico.

La tracklist del CD consta di otto tue composizioni originali, in cui l’influenza dell’hard bop rappresenta l’elemento caratterizzante dell’intero lavoro. Chi o cosa ha illuminato e guidato la tua ispirazione e la tua creatività nella scrittura di questi brani?

Sicuramente il mio percorso artistico ha fatto da guida, gli ascolti e gli studi effettuati nel tempo credo siano abbastanza evidenti nel mio modo di comporre e improvvisare. Time to Reset, il brano con cui ho dato il nome al disco, l’ho composto quando avevo diciannove anni. Quello era un periodo in cui cercavo di sperimentare nuove sonorità. È stato bello vedere come alcuni elementi di composizione, nonostante siano passati quindici anni, sebbene si siano evoluti, rimangono ancora ben presenti. Gli altri sono nati in modo spontaneo dopo l’ascolto di alcuni album dei miei artisti di riferimento, soprattutto “Use your Imagination” di Dick Oatts. Non so se lo incontrerò mai di persona, ma lo ringrazio per avermi ispirato in molte delle composizioni dell’album. Il filo conduttore degli altri brani è ispirato a paesaggi, momenti e persone che sono presenti nella mia quotidianità e che mi fanno stare bene.

A distanza di tempo, (ri)ascoltando questo tuo “figlio” artistico, cambieresti qualcosa oppure ti ritieni pienamente soddisfatto del risultato finale?

Ti direi che non riascolto mai i miei album. Caratterialmente sono un perfezionista, per cui ogni volta che do il via per il master per me va bene. Scherzi a parte, sì, l’ho riascoltato e mi sento pienamente soddisfatto del mio lavoro. Una sensazione che, tra l’altro, non avevo mai provato prima.

Sul piano puramente emozionale, quale messaggio vuoi comunicare attraverso “Time to Reset”?

“Time to Reset” rappresenta per me un momento di consapevolezza e ripartenza. Nasce dal bisogno di fermarsi, guardarsi dentro e ritrovare un equilibrio, sia nella musica che nella vita. Sul piano emotivo è un invito a respirare, a lasciar andare ciò che non serve e a ritrovare la propria direzione. Ogni brano racconta una sfumatura di questo percorso: la leggerezza, il dubbio, la gratitudine, la voglia di libertà. È un disco che parla di movimento, ma anche di ascolto interiore e di persone, così come di paesaggi, alcuni tra questi presenti da sempre nella mia vita. Ciò che vorrei trasmettere a chi lo ascolta è proprio questo: la possibilità di ricominciare senza mai dimenticarsi delle proprie tradizioni, di resettarsi e di maturare attraverso la musica.

Focalizzando l’attenzione sull’aspetto dei live, da qui alla fine dell’anno, in Italia o all’estero, sono già in programma dei concerti per presentare il disco dal vivo?

Al momento non ci sono ancora date definite per la presentazione dal vivo di “Time to Reset”, ma stiamo lavorando per costruire la parte live del progetto. È un percorso che richiede tempo. Però dal nuovo anno inizieremo a portare il disco sia in Italia che all’estero, e lo faremo con la stessa energia e curiosità con cui è nato.