Enea racconta la fragilità senza filtri in “Daisy”

Nel suo nuovo singolo, la band affronta la complessità di una figura femminile immersa nella notte della solitudine. “Daisy” è una ballata empatica, lucida e piena di grazia. In questa intervista, Enea riflette sul potere delle storie non dette e sulla maturità artistica conquistata passo dopo passo.

Daisy” parla di una donna che ogni sera si trucca per nascondere i lividi. Che tipo di emozione ti ha attraversato mentre lavoravi a una storia così cruda?

Dopo le prime difficoltà iniziali nell’ approccio al testo, nel cercare di capire di quale argomento avrei parlato ho provato una sensazione di necessità, come se raccontare questa storia fosse un atto di giustizia. Ho voluto raccontare Daisy senza giudicarla, ma cercando di entrare in quella sua solitudine e in quel conflitto che è, purtroppo, troppo spesso invisibile.

Il brano è stato definito un atto di umanità. Cosa significa per te dare voce a chi non ha voce” attraverso una canzone?

Dare “voce a chi non ha voce” attraverso una canzone è un atto di profonda responsabilità e, allo stesso tempo, un modo per esercitare una forma di umanità. La musica ha un potere unico di toccare le emozioni più intime, quelle che spesso non riusciamo a esprimere a parole. Nel mio caso, questo atto non è mai stato legato a un bisogno di “salvare” qualcuno, ma piuttosto di rendere visibile una verità che altrimenti rimarrebbe taciuta.

Cosa ti aspetti che Daisy” lasci nellascoltatore dopo lultima nota?

La storia di Daisy è una storia difficile, ma anche piena di una forza che non si vede subito. Spero che chi ascolta senta il bisogno di capire di più, di interrogarsi su quelle storie silenziose che troppo spesso rimangono nell’ombra, ma anche di sentire una sorta di sollievo nel sapere che la musica può restituire dignità a chi, spesso, è invisibile.

A livello personale, cosa ti ha insegnato questo brano su te stesso e su come vivi lempatia?

Quando scrivi una canzone così intima e dolorosa, per di più inventata, ti rendi conto che entrare nella pelle di qualcun altro, soprattutto di qualcuno che vive una realtà così distante dalla tua è qualcosa di molto più profondo: è riuscire a sentire quella persona, a percepire il suo dolore, senza giudicare.

La tua musica sembra sempre oscillare tra intimo e sociale. È una linea guida consapevole o unesigenza spontanea?

Non c’è una linea guida precisa o un’intenzione consapevole, è semplicemente il risultato naturale di come mi sento e di come vedo il mondo in un dato momento. A volte mi viene naturale scrivere di esperienze personali, di emozioni che sento sulla pelle; altre volte, mi trovo a raccontare storie più ampie, che riguardano la società o altre persone, anche condendo le storie con un po’ di fantasia.

Se potessi rivolgerti oggi alla Daisy reale, quale frase del brano le dedicheresti come carezza o come scudo?

Se potessi rivolgermi a Daisy oggi, non prenderei come riferimento una frase del brano, piuttosto le direi che non c’è vergogna nell’essere vulnerabili, e che non è sola. Le ricorderei che anche nella sua vulnerabilità, c’è una forza che, in qualche modo, la rende unica.