Il cantautore Enea racconta la genesi di “Daisy”, un brano nato da suoni istintivi e diventato un racconto profondo e rispettoso. Tra folk americano e cantautorato, la sua musica è un invito all’empatia, alla consapevolezza e a un ascolto che accoglie senza giudicare.
La musica ha per voi un valore sociale oltre che artistico. In che modo “Daisy” incarna questa doppia natura?
Sì, credo che la musica abbia indubbiamente questa natura, da un lato artistica, personale, intima; dall’altro quella sociale, perché riesce a connettere le persone, a farle riflettere. Daisy incarna questa dualità in modo naturale. È nata da un’urgenza personale, ma parla di una condizione che tocca tanti: la difficoltà di riconoscersi, il bisogno di sentirsi accettati, amati per ciò che si è.
Il testo di “Daisy” è molto diretto e toccante. Quali sono state le difficoltà, se ce ne sono state, nel trovare il giusto equilibrio tra crudo e poetico?
La difficoltà più grande è stata proprio trovare quel filo tra il crudo e il poetico. Inizialmente non avevo bene in mente di cosa avrei parlato, di cosa avrei scritto. Avevo solamente qualche parola in fake english che mano a mano sono andato a sostituire con parole assonanti e di li a poco, come un puzzle, casella dopo casella è voluta nascere Daisy.

Ogni vostra pubblicazione sembra segnare una crescita stilistica. Dove volete arrivare artisticamente parlando nei prossimi anni?
Grazie mille per il complimento, lo prendo con i piedi ben piantati a terra. Non ho un’idea di “dove voglio arrivare”, ma so che voglio crescere, evolvere sia nel suono che nella scrittura, trovare modi nuovi per dire cose vere. Il 12 settembre esce il mio nuovo EP, e in qualche modo rappresenta proprio questo: un cambiamento, ma senza perdere quello che c’era prima. Non ho la pretesa di arrivare “in alto” a tutti i costi, ma di arrivare a chi ha voglia di ascoltarci.
Quanto c’è di personale nei racconti che portate in musica e quanto invece è pura narrazione?
La maggior parte di quello che scrivo nasce da cose reali, esperienze vissute direttamente o che ho visto accadere a persone vicine. Mi piace partire dal vero, da qualcosa che mi ha toccato, anche solo per un attimo. Poi certo, c’è sempre una parte di invenzione, di fantasia: a volte per proteggere qualcosa di troppo personale, altre volte semplicemente perché la narrazione, o meglio, la canzone lo richiede.
Nel panorama musicale italiano indipendente, dove vi sentite collocati e che ruolo ambite a occupare?
A dire la verità non mi sono mai posto davvero il problema di “dove” collocarmi nel panorama indipendente italiano. Faccio quello che sento, cercando di essere coerente con me stesso. Se poi qualcuno si riconosce in quello che faccio meglio ancora. Non ho un ruolo preciso che ambisco a occupare, mi interessa più che altro costruire un percorso solido, sincero.
Qual è stato il momento più emozionante legato alla creazione o alla promozione di “Daisy”?
Il momento più emozionante è stato sicuramente al festival “Botteghe d’ autore” dove Daisy è stata premiata come migliore arrangiamento. Sapere che è arrivato anche a chi l’ha ascoltato da fuori, che è stato riconosciuto anche nel suo vestito sonoro, è stato toccante. In quel momento ho sentito che tutta la fatica, i dubbi, le scelte fatte con cura, avevano avuto un senso.










