“Amare il silenzio…piccola orazione… gioia che attraversa il cuore, notte che abbraccia le stelle… nutrire la bellezza…”
Ecco le parole con cui si apre un disco che anche dal suono sembra renderci visibile, di lontano, un mondo parallelo, dai sentori orientali, dalle finiture monastiche… da subito capisco che la spiritualità è una dimensione importante per Biagio Accardi che torna in scena con un disco intenso nelle intenzioni sin dal titolo: “Fai che accada”, uscito per Talìa Produzioni. La Natura è un centro. Il suono diviene una sua estensione. La voce non è un semplice strumento. Liquido, punk se vogliamo, d’autore nelle armi utilizzate. Modi alla Faber che sembrano arrivarci da un brano come “Il bene” o attitudini psichedeliche alla CSI in versione “acustica” dentro “Nel cerchio”… e tanto altro perché ha tantissime facce questo disco, ha tantissimo modi… l’abbandono è l’unico che serve per ascoltarlo davvero.
Parlando di produzione: come hai registrato questo disco?
Il disco è stato registrato presso l’Eco Campo degli Enotri che è un luogo votato ad accogliere progetti artistici e altre attività di carattere olistico. Sito su una collina tra la Calabria e la Basilicata, con dinanzi il mare e alle spalle le montagne del Parco del Pollino. Credo che il luogo dove ho scelto di registrare abbia molto a che fare con le sonorità di cui è pregno. Poi per l’aspetto tecnico mi sono affidato a Maßimiliano Gallo, ingegnere del suono e musicista, che predilige un contesto acustico che abbia già una sua vibrazione intrinseca, per poi andare a sperimentare su tutti gli spettri contemplabili.
Quanta improvvisazione c’è?
Anche se amo l’improvvisazione, nel disco ho cercato di creare strutture fisse, ma a volte ci siamo fatti guidare dall’istinto e dalla catarsi.
Hai raccolto anche soluzioni che, nel metterle in pratica, ti hanno dato sensazioni totalmente diverse? Oppure hai inseguito come obiettivo finale ciò che avevi in mente anche accollandoti eventualmente la variazione delle tue decisioni?
Sicuramente già avevo un’idea del disegno sonoro, ma naturalmente alcune cose si sono palesate da sé costruendo, per non dare mai limiti alla creatività
Strumenti antichi? Che spazio hai lasciato a questo argomento?
Uno degli strumenti principali presente nel disco è la mandóla che appartiene alla famiglia dei liuti, molto usato nella musica antica, poi i tamburi a cornice che sono ancora più ancestrali e legati a doppio filo con la tradizione musicale del mio territorio. Ma abbiamo anche mescolato suoni elettrici, cercando sempre un equilibrio tra i due mondi.
Domanda spirituale: quanto tutto questo deve anche al suono della natura stessa?
Tutto il disco gravita attorno al suono e di conseguenza alle vibrazioni che ci circondano, lasciandosi ispirare dagli elementi e dalla natura stessa.
Azzardo: tutto questo lavoro è un mantra o una dimensione altra del blues? Blues come musica dell’anima… e dalla dannazione che si raggiunge l’illuminazione…
Sicuramente la musica può essere un buon canale, una buona medicina.
E i nostri antenati lo sapevano bene, conoscevano il potere del canto. Si cantava ad ogni occasione. Conoscevano antichi incantesimi, da incanto che appunto significa intonare suoni magici. Partendo dal respiro e dai suoni che abbiamo dentro. Soffermandosi anche sul concetto di armonia, ovvero qualcosa di armonioso; auspicando armonia tra le persone e nelle cose. Al di là di ogni genere musicale.