Moniker decisamente insolito: Bande rumorose in A1. Che sulle prime mi lascia pensare ad un’allegoria di qualcosa che cerca di filtrare il rumore della società, della fretta, dell’eterno passare senza sosta. E poi lasciandolo girare, questo esordio dal titolo “Gli inquilini del sottoscala”, ne ricavo sensazioni borderline, di blues e di ferro arrugginito, di povera e misera condizione umana raccontata con ironia, divertimento, allegorie sonore nate senza troppo pensarci, senza maschere e regole. Matteo Bosco e Valeria Molina danno il via ad un duo che sforna emozioni tangibili dentro una canzone d’autore poco incline al cliché e molto devota ai fumi di Tom Waits… con le dovute distanze anche perché siamo in Italia e si sente.
Parlando di produzione: ho come l’impressione che siano suoni rapiti ad una presa diretta o comunque ricchi di estemporaneità. Che ci dite?
Lo confermo: sono suoni, se posso, “nati dalla convivenza”. Il disco è nato vivendo assieme per tutta la durata della produzione. Quello che veniva in mente, e piaceva a tutti, si provava, si ascoltava, si improvvisava. L’ambiente ha avuto un peso enorme in tutto questo: l’ambiente umano e quello più propriamente “fisico”.
E nello specifico, su disco o dal vivo, quanto lasciate all’improvvisazione?
Sul disco, come detto, l’improvvisazione è l’idea di cui si discute in fase di produzione, l’idea condivisa. Dal vivo non c’è, almeno non in modo pianificato, l’accordo su di un’improvvisazione. Si improvvisa laddove si crea un particolare legame con il pubblico e, soprattutto, tra noi musicisti.
L’America sembra un punto di snodo e di riconciliazione. Un punto di equilibrio… o sbaglio?
È imprescindibile, per gli spunti che offre, per la tipologia di persone, di idee, di paesi e paesaggi. L’America costituisce, che piaccia o meno, la “diversità” in tutti i suoi contesti e tutte le sue sfaccettature. E’ bello scoprire l’America, molto meno rendersi conto che si è capitati proprio in America: meglio essere Colombo che Vespucci.
E sarà per questo che troviamo Luca Swanz Andriolo all’armonica?
Luca è un artista straordinario, non solo per il grande contributo dato in fase di produzione (e post produzione) ma anche (e soprattutto) per la creatività e l’esperienza. Lavorare con Luca consente di crescere e imparare moltissime cose, artisticamente e umanamente. La sua armonica è magica.
Perché così “poca luce” in questo disco? Si in fondo sono sottoscale…
La “poca luce” caratterizza tutto quello che vuole stare nascosto, o che vogliamo tenere nascosto. La “poca luce” permette anche a noi stessi di nasconderci.
“Gli inquilini del sottoscala” racconta proprio di chi è presente, fuori o dentro di noi, con l’idea, con la parola, il pensiero, non necessariamente con l’immagine. Dove c’è “poca luce” i contorni vengono riempiti dal ricordo.