RITA SANNIA: legatura di valore

0
872

Rita Sannia e’ un’artista “preziosa” nel panorama italiano. “Legatura di valore” e’ il suo primo lavoro da leader e racchiude la sua poetica, il suo particolare modo di vivere la musica, la poesia, l’arte. Che poi e’ l’unico modo vero e possibile: diventare una cosa con essa. L’abbiamo incontrata e la sua “profondita’” e’ emersa anche in questa breve intervista.




 


Sound Contest: Legatura di valore e’ il titolo del tuo cd, da dove nasce?


Rita Sannia: Legatura di valore e’ un ricordo remoto di mia nonna Rosa che mi culla e mi canta una ninna nanna in logudorese, sua lingua d’origine. Un ricordo solo di immagini, un film muto che  ritengo essere l’imprinting musicale piu’ importante della mia carriera.


Legatura di Valore e’ anche il dolore profondo e muto della perdita di un caro amico Billy (Roberto Sechi), batterista jazz di gran pregio, scomparso pochi anni fa, al quale e’ dedicata l’intera opera.


Legatura di Valore  nasce dal desiderio di tracciare percorsi di senso che, partendo dal film muto, li accoglie, dando voce a tutti i “silenzi vissuti” compreso il dolore.



 


S.C.: Questo progetto e’ molto articolato e prevede la concomitanza di letteratura e musica. Parlaci di questo dialogo poetico a quattro voci.


R. S.: “L’arte delle Muse” e’ il senso primitivo che amo della musica.


Amo delle Muse il potere di interagire con l’evocativo, pro-muovendo azioni concrete in forma di suono.



 


La prima voce prettamente autoreferenziale, passeggia nell’intricato intreccio del tempo, alla difficile ricerca di imprinting musicali. Il primo incontro e’  quello con la  ninna nanna, il film muto che ho citato prima.


La prima voce, rapita dal suono della ninna nanna, la segue fino a giungere in cima ad una collina dove incontra  la seconda voce: una pietra. Questa pietra esiste veramente. Si trova in cima ad una collina a Macomer (NU). Viene chiamata la sentinella del Campidano. E’ una testa antropomorfa le cui origini sono sconosciute, ma e’ interessante il fatto che puoi vedere la testa solo se stai lontana, piu’ ti avvicini e piu’ si scontorna lasciando alla vista tre semplici e insignificanti pietre. Durante la stesura del libro sono stata la’ tantissime volte. Quella pietra, cosi’ silenziosa, e’ stata la mia musa ispiratrice. (…) Poiche’ la troppa lontananza rende sordi e la troppa vicinanza ciechi, occorrono forse dei fili d’accesso alternativi ai cinque sensi. Vacillare in bilico su di essi e’ la probabile condizione per uscire dal conforme ed entrare nel “possibile”. Poiche’ arido ed informe, dunque questo e’ il giusto luogo per lasciarmi sorprendere. (…) (cit. da Legatura di Valore).



 


La prima e la seconda voce si intrattengono in un lungo dialogo. La prima narra delle sue passioni, la seconda, introspettiva, la interroga, scavando all’interno del tempo e costringendo la prima voce a seguirla.


Ad ascoltare il loro dialogo una terza voce: e’ una matita ed e’ la voce della creazione.  Essa ascolta con attenzione e cura i particolari del dialogo trascrivendoli sulla carta. Sta ben attenta che l’entusiasmo dell’ascolto non si  affievolisca; ma, innamorata del viaggio della prima voce e timorosa che esso possa giungere al suo termine, decide da subito che  regalera’ solo meta’ del suo tempo. In questo modo,   pero’, molti dubbi e molte domande nate dal dialogo tra la prima e la seconda voce, rimangono irrisolte; alcuni dialoghi risultano inconclusi.


Per questo, la prima voce,  interroga l’anima, ed essa, che fino a quel momento aveva ascoltato tutto, commossa dalle immagini che le tre voci le avevano mostrato, risponde facendo loro dono di quanto piu’ prezioso possedesse. Regalo’ la quarta voce: il canto.



 


S.C.: Come si concertano musica e poesia e come stai promovendo libro e cd?


R. S.: Mi capita spesso di affermare che il mio Legatura di Valore, e’ un cd da leggere e un libro da ascoltare. Ogni luogo che un essere umano e’ capace di visitare (dell’anima, dell’immaginario, del mondo reale) e’ permeato da suoni. Siamo tutti esseri musicali e questo e’…fantastico! Posso leggere una poesia e lasciarmi rapire da un suono, posso udire una bella musica ed aprire l’evocativo in un immaginario reale o fantastico. Ti dico questo perche’ ho ricevuto dei feedback da alcune persone che hanno ascoltato il cd e non hanno letto la narrazione eppure, dalle loro parole, avrei giurato lo avessero fatto. L’anima e’ fatta di una sostanza strana, canta sempre e in forme straordinarie e per tutti.


La promozione e’ affidata alla Dodicilune Koine’ Records. Personalmente, consapevole che un cd e’ un biglietto da visita, cerco di promuovermi attraverso i live, luogo privilegiato per incontrare davvero la musica. La ciliegina sulla torta sarebbe quella di  trovare un manager che si occupi dei live.



 


S.C.: L’approccio a questo lavoro si puo’ dire filosofico e si interroga sulla capacita’ dell’uomo di trovare se stesso attraverso la consapevolezza. Come si traduce in musica questo assunto di ricerca?


R. S.: Ti restituisco la stessa risposta che do ai miei allievi di canto alla loro prima lezione: Io ti forniro’ gli strumenti tecnici con l’unico scopo di  farti scoprire chi sei musicalmente. Ti forniro’ gli strumenti affinche’ tu possa, non solo scoprire la variegata possibilita’ che ha il tuo suono ma, e soprattutto, quanto il tuo suono ti rende felice e quanto va nella direzione dei tuoi desideri.



 


S.C.: Quanto e’ importante il silenzio per un musicista? ogni riferimento a John Cage (non) e’ puramente casuale…


R. S.: Descrive bene Andrea Corona nella prefazione del mio libro:


Dopotutto, quando l’uomo decide che cio’ che ascolta e’ musica? Cos’e’ la musica se non un insieme indefinito di suoni che necessita dell’opera intellettuale dell’uomo per esistere? La musica e’, percio’, uno strumento, cosi’ come lo e’ uno strumento musicale, in un processo di subordinati nel quale l’uomo diviene centro nevralgico dell’interesse di ogni forma di musicista.


Un ambiente sonoro non dissimile da quello tracciato da John Cage nella sua opera “4,33”. La sua esperienza nella camera anecoica dell’universita’ di Harvard, una stanza insonorizzata in cui poter “ascoltare il silenzio”, diviene essenziale per giungere a porre in discussione la percezione dei suoni. Cage, in quell’ambiente privo di vibrazioni, tuttavia, riesce a sentire dei suoni, i suoni del suo corpo: il battito del cuore, il sangue in circolazione. Cio’ che ne ricava e’ la consapevolezza dell’impossibilita’ del silenzio assoluto.



 


S.C.: Credi che il tuo messaggio, cosi’ fortemente intellettuale e poetico, sara’ recepito facilmente o ti aspetti un pubblico di nicchia?


R. S.: Io non credo esista una nicchia o un  pubblico di nicchia. Credo esista un luogo privilegiato per ciascun individuo che entra in contatto con la musica.. E il luogo privilegiato e’ sempre uno spazio vissuto e partecipato con l’offerta della propria autenticita’. Vale per chi “fa”, vale per chi ascolta.



 


S.C.: Numerosi i musicisti presenti in questo disco; hai gia’ collaborato con alcuni di loro? e con chi rifaresti un disco?


R. S.: Tra i musicisti presenti nel disco certamente quello con il quale ho avuto piu’ esperienze di collaborazione e’ Peo Alfonsi, iglesiente come me. Mi piace dire che e’ stato il mio primo maestro di  avventura canora. Devo a lui  la mia carriera e il come e’ narrato nel libro. Per quanto riguarda lo staff, data la scelta cosi’ attenta dei musicisti sia dal punto di vista professionale che da quello umano, direi che rifarei un disco con ciascuno di loro oltre al grandissimo piacere di tornare nello studio Digitube di Carlo Cantini per eventuale futuro progetto.



 


S.C.: Il brano a cui sei piu’ legata?


R. S.: Sicuramente “Morning has Broken”.



 


S.C.: Quali influenze emergono nel tuo lavoro?


R. S.: Nello studio del  canto ho avuto diversi maestri di impostazione classica e moderna, ma il vero”maestro” e’ stata la passione e la curiosita’  nell’ascolto di tantissima musica di diverso genere.


Nella mia voce riconosco tante voci “maestre”: il calore,  la rotondita’ e la profondita’ emotiva della voce di  J. Baez, il “giocare” ad esplorare varieta’ di passaggi timbrici all’interno della tessitura vocale di   J. Mitchell, la ricerca di empatia nelle sfumature dei colori della voce di Billye Holiday,  di Ella Fitgerald,  di Chet Beker. La ricerca del fruscio e della leggerezza uniti ad un gusto per una fonetica percussiva quale la lingua portoghese nella scoperta della bossanova. Tanto ho appreso pero’ anche dalle voci maschili della west coast: Simon and Garfunkel, CSNY, J. Taylor e tanti altri.



 


S.C.: Sicuramente ami l’Italia e non andresti mai via…..?


R. S.: Amo la mia terra, la Sardegna, ma musicalmente mi sento cittadina del mondo.



 


S.C.: Come definiresti la tua musica?


R. S.: Una serena passeggiata nel mondo del possibile.



 


S.C.: Cosa hai chiesto ai tuoi musicisti perche’ si immedesimassero nel tuo messaggio?


R. S.: Di mettere la loro creativita’ al servizio della loro musica e dei loro desideri. Solo cosi’ potevo dar vita ad una… legatura di valore.



 


S.C.: Dammi due nomi di cantanti jazz super e quale ti ispira di piu’.


R. S.: Shirley Horn, per la sua penetrabile potente semplicita’ nel veicolare il senso del brano con l’utilizzo di timbriche e di “respiri”. Ella Fitgerald per l’esplosiva energia, per la sua straordinaria fiducia nel suono della voce che gioca e crea, come una bambina, incurante dei pericoli. Per essere stata costantemente, coraggiosamente capace di rendere la  luce ad angoli oscuri.


Mi ispira il senso autentico di queste grandi donne. Imparo da loro ad aver rispetto e fiducia della mia autenticita’.



 


S.C.: Sei cantautrice e interprete, come senti questi due aspetti del tuo lavoro?


R. S.: Mi sento sempre e comunque interprete della poesia insita nei suoni e nelle parole.



 


S.C.: Progetti in cantiere?


R. S.: Tantissimi! Spero di concretizzarne presto almeno uno!