BEPPE DETTORI | Con Raoul Moretti per un disco celebrativo

0
511

Si intitola “S’incantu e Sas Cordas” il nuovissimo lavoro che porta la firma e la voce di Beppe Dettori. Lo ritroviamo dopo quel nostalgico ritorno al futuro che aveva celebrato con “@90”, disco prodotto e realizzato alla fine degli anni ’90 assieme a Giorgio Secco e che ha trovato la pubblicazione solo oggi, 20 anni dopo, confermandosi ancora di grandissima attualità. Ecco oggi un lavoro nuovo di zecca e ricco di grandissimi contenuti curati e coccolati assieme all’arpista Raoul Moretti. “S’incantu e Sas Cordas” raccoglie brani registrati dal vivo con la produzione del Teatro Attorse Alidos sempre pubblicato dalla ormai nota UNDAS Edizioni Musicali. E la voce diviene suono assieme alle corde di chitarra e di arpa, tra danze elettroniche e antiche tradizioni che spaziano dal tessuto sardo incontrando derive nuove e passate reminiscenze portando in luce anche in stili e costumi africani, tibetani, celtici e tanto altro. Ottimo ed elevato il contributo lasciato alle improvvisazioni che fanno di questo disco un bellissimo ricamo di sensazioni visive dentro le quali rintracciare qualcosa di conosciuto… suggestiva la chimica spirituale che ne deriva. Un disco di grande fascino…

 

 

 

Un lavoro prestigioso a ridosso del tuo ultimo lavoro “@90”. Se prima erano i suoni degli anni ’90 qui siamo nella tradizione che ha origini ben più antiche, non è così? Fin dove siete tornati con lo sguardo?

(Risponde Beppe Dettori)

Si parla di secoli, centinaia di anni. Tradizione e non Trend musicale che scaturisce da ricerche nel passato. Quindi un continuo studio e ascolto di musiche e stili così diversi e sinceri. Poi arriva il lavoro di rilettura, che non risulta un lavoro pesante e noioso. Tutt’altro, è un puro divertimento senza tempo. Ulteriore conferma che il tempo non esiste. Che Tutto risulta Sole e non Sole, Luce e oscurità, giorno, notte, alba e tramonto. Potrebbe sembrare banale, per via dell’abitudine del vivere quotidiano, ma vi è l’essenza dell’esistenza. “S’incantu ‘e sas cordas” per me è una continua connessione tra le nostre vite, passioni e dolori, col TUTTO vibratorio, profondo credo dei monaci tibetani gyuto.

 

Raoul Moretti. Come nasce questo magico connubio di suoni? 

(Risponde Raoul Moretti)

Sono circa sette anni che ci siamo incontrati. Nel primo periodo del mio approdo in Sardegna Beppe mi ha convocato per un nascente progetto in cui voleva provare ad inserire un’arpa, diciamo non convenzionale. Da lì è nata la stima reciproca, in questi anni suonando in vari contesti l’evoluzione della nostra conoscenza musicale ed umana ha affinato l’intesa fino ad individuare il progetto in cui volevamo esprimere la nostra urgenza di ricerca sonora e musicale.

 

Tra l’altro è un disco live… sono brani presi registrati dal vivo giusto? Cosa ci dici di più?

(Risponde Raoul Moretti)

Sì, avendo visto le reazioni del pubblico ai nostri concerti, abbiamo pensato che una registrazione dal vivo restituisse la vera essenza del progetto e la sua freschezza, compreso la dilatazione delle strutture ed i momenti improvvisativi. Grazie al Teatro Alidos di Quartu Sant’Elena che ci ha aiutato anche nella produzione ed al tecnico Emanuele Mocci abbiamo registrato in un paio di sessioni, senza aggiungere altro ed ospitando in tre brani Manuel Rossi Cabizza alla fisarmonica.

 

COVER DETTORIDalla Sardegna al Sud America passando per l’oriente e per l’occidente digitale. Antico e futuro assieme. Avete in qualche modo “violentato” la tradizione? 

(Risponde Raoul Moretti)

Direi di no, la tradizione stessa è frutto di continua evoluzione e dialogo con altre culture e con i tempi.  Abbiamo voluto creare ponti e non confini per preservare, trovare punti comune e far nascere nuove sfumature. È giusto avere consapevolezza da dove si viene per andare poi nella direzione desiderata.

 

Parliamo appunto di suono: quanto è stato difficile fai incontrare tradizione e tecnica di epoche così lontane? 

(Risponde Beppe Dettori)

Potrebbe sembrare difficile, di fatto lo è. Risulta, però, facile quando ami quello che fai e hai la fortuna e possibilità di realizzarlo. Queste connessioni o tipologie di progetti un po’ lontane dal Mainstream o dalla pop-song, in realtà sono esaltate dalla necessità di improvvisare. Lasciare andare gli ormeggi delle convenzioni, tirare su le ancore dei cliché della tradizione e aprire il cuore all’evoluzione. La sfida è stata portarlo avanti con tre strumenti a corda. Chitarra acustica, Arpa celtica elettrica e voce.

 

Il risultato si fa quasi solenne nelle sue estensioni spirituali. Ecco: quanta spiritualità c’è dentro queste scritture?

(Risponde Beppe Dettori)

La musica è già spiritualità. È meditazione. È commozione profonda. È un miracolo continuo. Nel progetto le tematiche sono un continuo incitamento, all’essere umano, a migliorarsi, ad osservare la bellezza che ci circonda senza dare niente per scontato. L’omaggio a Maria Carta che racchiude tre brani della cantante-icona di Siligo, contiene messaggi espliciti alla riflessione spirituale e alla liberazione, dell’essere umano, dagli attaccamenti e tentazioni oscure. L’amore è presente in ogni brano sia dal punto di vista letterale che musicale. Un inno d’amore alla musica e al suono vocale e linguistico. Quindi si, vi è la spiritualità nel progetto perché è in noi e ha trovato spazio e possibilità nella stesura dei brani.

 

Nel linguaggio di oggi… un lavoro in totale contro tendenza…

(Risponde Beppe Dettori)

Si è così. È un lavoro di libertà e passione. Di visione e sogno. L’immaginazione che tutto si può sostenere con un’armonia che esalta il Pedale (mononota). Il concetto che una nota contiene le armoniche di tutte le altre è constatare nel proprio profondo il sentire Dio, o qualunque altra manifestazione divina. L’emozione.

 

(Risponde Raoul Moretti)

Sotto la superficie omologante della globalizzazione in realtà c’è tanto altro, c’è varietà, grandi possibilità di conoscenza e dialogo, di incontro. Basta affrancarsi da certi meccanismi e logiche, concedersi il tempo di ascoltare. Noi stessi non abbiamo voluto avere ansie di racchiudere la musica in brani brevi ma abbiamo lasciato fluire partendo dalla ricerca del suono e dal mescolare provenienze e lingue diverse.